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In scena

di Giuliano Masola. Si fallisce in tanti modi; uno di questi è cominciare a fingere, indossare la maschera, anche se non è Carnevale. Si tratta del sintomo di un crollo morale, dell’ammissione di inadeguatezza, della ricerca di un orgoglio che più non c’è. Ognuno di noi ha una sua parte, deve andare in scena, baseball compreso. Da attori non professionisti tentiamo di recitare a soggetto, di comprendere bene il perché della nostra parte. Eppure una ce l’abbiamo e cerchiamo di interpretarla come siamo capaci. Poiché la scena è ampia è difficile cogliere ogni particolare, ma dal nostro angolo di osservazione ci proviamo. Non abbiamo un vero copione, sappiamo più o meno cosa ci aspetta e non sempre comprendiamo cosa ci si aspetta da noi. Il baseball non è una telenovela, anche se in alcune occasioni presta il fianco a esserlo. E’ contestualmente commedia e tragedia e passa dall’una all’altra condizione ,in un attimo. Per molti una partita di baseball è noiosa.

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Un giorno di mezza estate

di Giuliano Masola. Ci sono tanti modi per cominciare la giornata, uno è quello di ascoltare le ultime notizie, normalmente non belle, se non inquietanti. L’altra è quella di guardarsi i risultati delle partite di Major League; un’altra ancora può essere quella di leggersi le ultime dallo spazio. Insomma, la giornata può anche cominciare bene, non tanto distogliendo l’attenzione da quanto ci accade intorno e che ci costringe a pensare ogni giorno di più alla nostra fragilità umana, quanto per iniziare con qualcosa di positivo.

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Chiacchiere

di Giuliano Masola. “Chats”, chiacchiere. Se ne fanno tante, in ogni dove e per qualsiasi argomento. Faccio parte di una razza in via di estinzione, me ne rendo conto. Faccio fatica ad assuefarmi ai nuovi mezzi, al nuovo modo di chiacchiere via internet; fino a non molti anni fa, bastava trovarsi al bar, ma era l’età della pietra, o giù di lì. La tecnologia ci ha messo a disposizione tanti mezzi per interconnetterci, al di là della nostra volontà. Basta avere un numero di telefono ed è fatta. Nel caso più semplice si tratta di messaggi, più che di vere chiacchiere. Le cose serie, per così dire, si hanno con strumenti molto potenti, come Facebook e What’s up. Finché si chiacchiera intorno a un tavolo o a un bigliardo non emergono particolari problemi, a meno che qualcuno non abbia voglia di attaccar briga. Con i mezzi tecnologici la cosa si fa più seria, poiché le dichiarazioni di ognuno possono rimbalzare in tutto il mondo in pochissimo tempo. Il rischio di scambiare lucciole per lanterne si moltiplica a dismisura, riproponendo la domanda di sempre: “quale è la verità” (dai nostri vecchi sappiamo che “morì fanciulla”).

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Giorni di gloria

di Giuliano Masola. Bruce Springteen non ha bisogno di presentazioni, basta ricordare il suo mitico album “Born in the U.S.A.”, pubblicato  nel 1984. Tutti conoscono Springsteen come un artista impegnato a evidenziare le criticità del proprio paese e la sua continua azione contro la guerra. Nella raccolta è inserita “Glory days”, una canzone in cui Bruce parla di un amico dei tempi della scuola. Nel testo il nome non è menzionato e per anni ci si è affannati per trovare questo personaggio. Finito quel periodo scolastico, infatti, le strade dei due compagni di squadra si erano separate. Solo anni dopo, occasionalmente, mentre Bruce esce da un bar, incrocia l’amico di un tempo, si fermano e cominciano a parlare delle esperienze passate insieme alla Scuola Santa Rosa da Lima (New Jersey); restano insieme fino alla chiusura del locale. “Avevo un amico/ che era un grande giocatore di baseball/ ai tempi delle scuole superiori riusciva a lanciarti la palla in una maniera/ che ti faceva fare la figura dello stupido/ l’ho visto l’altra notte/ in questo bar sulla strada/ stavo entrando, mentre lui usciva/ siamo rientrati, ci siamo seduti/ abbiamo bevuto qualcosa…”.

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