di Giuliano Masola. Il Baseball è molto più conosciuto e al centro dell’attenzione di quanto si può supporre, anche nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda i media. In tante occasioni furti con scasso e minacce sono compiuti con mazze da baseball. Pochi giorni fa pare che un giovane sfortunato migrante sia stato ucciso da uno scafista, poiché non intendeva dargli il suo cappellino da baseball. Ieri, sfortunatamente, un dodicenne è stato colpito da una palla da baseball e prontamente è stato portato all’ospedale. Tutte cose che certamente non aiutano, che però la dicono lunga su un certo atteggiamento, a mio parere, “pericolosamente facilone” di chi scrive, parla, pubblica, trasmette.Partiamo dall’inizio. Furti e scassi ci sono sempre stati, effettuati con gli strumenti più diversi. A chi ha voglia di storicizzare, suggerisco di rivedersi con attenzione I soliti ignoti (è in bianco e nero… non so se i mezzi attuali consentono di proiettarlo…). Si tratta di un film del 1958 di Mario Monicelli, uno di quei “cento film che hanno cambiato la storia del Paese”, quello che ha se lgnato’inizio della Commedia all’italiana. Certo un furto è un furto e chi ruba va punito, così come va risarcito giustamente chi lo ha subito. La domanda che il film sottintende è un’altra: riusciamo a capire che siamo in una situazione di continuo, rapido, cambiamento e quali difficoltà dobbiamo superare per stare al passo? Gli anni Cinquanta finivano col boom economico in atto e una società in drastico cambiamento. I nostri “oltre il 2000” come riusciamo a viverli? A ciò si aggiunge un’altra annotazione, che risale a Don Camillo e Peppone: rivalità incredibili, oggi, sotto tutti i sensi. Don Camillo deve difendersi e possiede delle armi. Fra queste, in un cassetto, ha un bel “legno dolce”, che sconvolge il giovane cappellano, inviato a sostituirlo temporaneamente. Purtroppo, non assomigliava a una mazza da baseball (notoriamente di frassino canadese, o simile, e meno nodosa). La storia del giovane ucciso per un cappellino ha dell’incredibile, ma mostra la violenza che ci circonda, in cui viviamo continuamente, spesso facendo finta che ciò non esista. È qualcosa di estremamente grave, che indica che il presso di una vita umana è minus quam… Alcuni speculatori sulle disgrazie umane sarebbero tentati di andare a ripescare l’oggetto dell’omicidio in fondo al Mediterraneo, magari per metterlo all’asta via internet. Quale sarebbe la risposta? Un giorno o due di pubblica esecrazione, poi tutto torna come prima, o peggio. Last but don’t least, come si dice in qualche parte del mondo, un giovane atleta viene colpito da una palla. Come qualsiasi sport, anche nel baseball ci possono essere infortuni. Personalmente, tanti anni fa, ho avuto una clavicola rotta a causa di una sprizzata: la palla è andata a colpire un punto scoperto fra la pettorina e la maschera. Casi di atleti colpiti ce ne sono sempre, in ogni attività sportiva. In un mondo – in una città – dove tutto è scoop ed evento, riempire i giornali non è facile. Ho seguito un corso universitario di giornalismo, ma non faccio il giornalista. Fra quello che mi è stato insegnato e quello che vedo in circolazione, però, la distanza mi pare incolmabile. Oggi il quotidiano locale ha dedicato all’incidente mezza pagina. Sempre oggi, nel primo pomeriggio, fortunatamente il ragazzo stato dimesso. Mi resta il grosso dubbio che a questa seconda parte lo spazio dedicato sarà inferiore. Ciò è sintomatico. Soprattutto non è corretto stato tanti punti di vista. La domanda di fondo assomiglia quella sulla Verità: “Cos’è la Verita?” ha chiesto Pilato. Cos’è l’informazione, possiamo chiederci oggi. Per entrambe le domande avremmo solo risposte con tanti distinguo (bisogna capire chi sono gli interlocutori, circostanziare, analizzare, approfondire…); alla fine ne sapremmo meno di prima. Una della possibili verità è purtroppo questa: il considerare il Baseball come un fattore di pericolo, poiché fornisce armi, provoca violenza, manda la gente all’ospedale. Come in tanti altri casi, questi stereotipi non fanno altro che metterci sempre più in un angolo, in una condizione in cui la reazione pare quasi impossibile. Eppure, stamattina ho ripreso a fare pubblicità al Baseball nelle scuole. Nessun bambino ha parlato di un loro quasi coetaneo finito all’ospedale con qualche rischio di vita, secondo la stampa. Hanno battuto, corso, cercato di afferrare una palla; qualche involontario scontro c’è stato, ma un po’ di “ghiaccio riparatore” ha sistemato tutto in pochi minuti. Si gioca, che problema c’è. Certamente sono molto amareggiato da un certo atteggiamento negativo verso il Baseball. Credo però che ci sia un’arma importante, quella di evitare di farsi intrappolare da pressapochismi, dichiarazioni a caldo, forme di commiserazione. Siamo il prodotto di un declino che dura ormai da troppo tempo e che pare non trovare un punto di risalita. In pratica, stiamo perdendo tutti gli anticorpi (chissa, le ultime generazioni no sono state vaccinate…). Si può vivere anche senza Baseball, così come si può stare senza altre cose. Ma ciò è vero solo se siamo noi i primi a rinunciare, in un certo senso a chiedere giustizia. Se, ad esempio, il fatto che il ragazzo sia tornato a caso solo con una ammccatura non ha lo stesso spazio dato all’incidente, dovremmo tutti prendere carta penna e calamaio (eventualmente elettronico) e scrive “Caro Direttore…”. Mi rendo conto che la gara è sempre più in salita, ma credo sia corretto ribellarsi a uno status quo che mi pare solo il frutto di un pressapochismo pericoloso. Basta guardare “di là da l’aqua” per rendersene conto. Giuliano Masola 16 maggio 2017