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“Easter” time

di Giuliano Masola. Nell’uovo di Pasqua ci si può trovare di tutto, anche il baseball. Allo stesso modo, girovagando nella Storia del “vecchio gioco” ci si può imbattere in personaggi poco conosciuti, ma rilevanti. Uno di questi è Luscious “Luke” Easter, primabase di colore delle Negro Leagues e della Major Leagues, nato presumibilmente nel 1915, a Jonestown, in una famiglia di agricoltori del delta del Mississipi. Trasferitosi a St. Louis, riuscì a frequentare gli studi per nove anni, poi, non potendo accedere all’Università, si mise a fare diversi lavori, fra cui il lustrascarpe. La sua carriera nel baseball iniziò in una squadra semiprofessionistica, i St. Louis Titanium Giants, squadra formata da afroamericani dalla National Lead Company. Con un fisico al tempo fuori del comune (alto 1,93 m, quasi 110 kg. di peso), si dimostrò un eccezionale battitore di potenza. Dopo il servizio militare, nel 1945 fu visionato da due delle maggiori squadre delle Negro Leagues, i Kansas City Monarchs e Chicago American Giants, ma non venne preso perché ritenuto un po’ impacciato nei movimenti, anche per un problema avuto a una gamba. “Candy Jim” Taylor, manager degli American Giants, però, contattò Abe Saperstein, noto fondatore degli Harlem Globetrotters, che stava cercando di formare una nuova squadra di baseball, i Cincinnati Crescents. Saperstein prese Easter e, alla fine del 1946, dopo una stagione di successi, lo vendette agli Homestead Grays. Nel 1948, Luke Easter ebbe prestazioni eccellenti, con una media di .363 in battuta, posizionandosi alla pari per numero di fuoricampo e primo della Lega per i punti battuti a casa. Non solo, poiché portò i Grays alla vittoria nelle Negro World Series a spese dei Birmingham Black Barons. Un infortunio al ginocchio nella primavera del 1949 gli costò un posto in squadra nelle Major Leagues nella prima parte del campionato. Di conseguenza, iniziò la stagione con i San Diego Padres in Triplo A e, nonostante un intervento al ginocchio a metà campionato, continuò a primeggiare: .363 in battuta, con 25 fuoricampo e 80 punti battuti a casa. Ciò produsse l’interessamento degli Indians, che lo misero in campo a fine stagione e, all’inizio del 1950, lo fecero giocare stabilmente come primabase, dopo la cessione di Mickey Vernon, un giocatore da All Star. Easter concluse la sua carriera in Major League con gli Indians, nel 1954, con una media battuta di .274, 93 fuoricampo, 340 punti battuti a casa. Per i suoi lunghissimi fuoricampo, fu chiamato “Uovo di Pasqua” (“Easter Eggs”). Nel 1948, quando era coi Grays, fu il primo a scaraventare la palla fra i “bleachers” (posti popolari) all’esterno centro del New York’s Polo Grounds, a circa 148 metri dal piatto. Nel suo primo anno in Major League, realizzo il più lungo fuoricampo della storia al Cleveland’s Municipal Stadium, una “legnata” di circa 150 metri; la palla finì sopra il tabellone segnapunti secondario all’esterno centro (l’unico altro battitore che fece una cosa simile fu Mickey Mantle nel 1960). Inoltre, al crepuscolo della carriera coi Bisons, divenne il primo giocatore a spedire la palla sopra il tabellone dell’Offermann Stadium di Buffalo per ben due volte, nel 1957. Una volta, rispondendo a un appassionato che aveva assistito alla storica battuta, disse: “Se la palla e finita a terra, vuol dire che non è stato il mio fuoricampo più lungo”. La sua fu una carriera di tutto rispetto, ma più importante è stata la sua personalità, poiché Easter aveva uno spirito allegro e mostrava grande trasparenza. A Buffalo, regalava salsa della fabbrica in cui lavorava a ogni compagno che realizzava un fuoricampo. Nella cerimonia di introduzione nella Greater Buffalo Sports Hall of Fame nel 1997, di lui furono evidenziati “il garbo e dignità dentro e fuori dal campo” e si disse che “ciò che lasciava come amico della comunità, era un cuore generoso, con un animo pronto ad affrontare qualsiasi occasione, in ogni momento”. Non si trattava di parole di convenienza. Finita l’attività come giocatore e allenatore, nel 1964 fu assunto dalla Aircraft Workers Alliance, come portavalori. Il 29 marzo 1979 venne ucciso da un paio di delinquenti, appena fuori da una banca mentre aveva con sé oltre 35.000 dollari per le buste paga: si era rifiutato di consegnare i soldi. Bill James, grande esperto di statistiche, ha messo Easter come secondo miglior primabase nella storia delle Negro Leagues, dietro solo a Buck Leonard. Per James, Luke era “amabile, scherzoso, onesto al 100%, e di grande carattere”, con “le spalle così larghe – in senso metaforico – da attraversare tre corsie”, aggiungendo che “se lo si fosse potuto clonare e rimetterlo in campo, oggi sarebbe il più grande dei battitori”. “Easter Egg”, il giocatore del nostro “Uovo di Pasqua” morto per difendere il suo alto senso di responsabilità e i valori positivi della società, ci aiuta a ricordare che si è uomini se si sta dalla parte dell’Uomo sempre, si corra o meno fra le basi. Per noi non dovrebbe essere una sorpresa.

 

Giuliano Masola, Cannitello, Giorno di Pasqua 2018.

In volo

Di Giuliano Masola. Nel 1988, dal 23 agosto al 7 settembre, vennero disputati in Italia i XXX Campionati Mondiali di Baseball. Si trattò di un avvenimento importante, probabilmente fondamentale per tutto il Baseball, poiché proprio da questo kermesse internazionale prese nuovo vigore la spinta per la partecipazione alla XXV Olimpiade di Barcellona quattro anni dopo.  I Mondiali furono una ghiotta e ben utilizzata occasione per fare conoscere ancora una volta di più il nostro Paese e la vitalità del nostro baseball. Notevole fu la spinta propagandistica, in tutti i settori. Venne pure coinvolta l’Alitalia, la nostra compagnia di bandiera, attraverso un supplemento a “Ulisse 2000”, la rivista distribuita sugli aerei e non solo. “Italy loves baseball”: un titolo, una precisa dichiarazione. Molti giornalisti sportivi, come Robert E. Smith e Robert Durso, italiani, come Massimo De Luca, Attilio Fregoso, Enzo Di Gesù, Paolo Ormezzano, hanno con grande capacità saputo evidenziare quanto il baseball stesse sviluppandosi in Italia, accrescendo la sua importanza nel contesto internazionale. Non solo, poiché un grandissimo attore come Alberto Sordi, corredando l’articolo con una immagine in posa da battitore tratta da “Un americano a Roma”,  conduceva il lettore guardare con un particolare occhio “Roma segreta”, con la sua sottile ironia. Ancor più, le parole di Alberto Bevilacqua su “Parma preziosa” (tradotta in inglese con “Perfect Parma”), rappresentavano la ciliegina sulla torta. Sono trascorsi trent’anni da quel 1988 in cui Aldo Notari era presidente della FIBS, Franco Carraro quello del CONI e Peter V. Ueberroth Commissioner delle Major Leagues. Leggi tutto “In volo”

PASQUA (Santa)

di Giuliano Masola. Nel 2012 la prima partita di campionato ‒ Opening Day ‒ si giocò il Venerdì Santo, giorno in cui i Cristiani ricordano la morte di Gesù Cristo e gli Ebrei il Passaggio del Mar Rosso, cioè la fuga dalla terra dei Faraoni. Il fatto suscitò molte polemiche e reazioni. In quella occasione, Ron Colangelo, responsabile delle comunicazioni dei Tigers, messo alle strette, ribadì che basket (NBA) e football (NFL) giocavano il giorno di Natale. Con il progressivo abbandono dei “vecchi” valori, e l’adozione del consumismo quale base ideale di sviluppo, certe diatribe possono apparire superate. Nei grandi e piccoli stadi, conta più il numero degli hot dog che dei biglietti venduti, per cui la cosa non dovrebbe sorprenderci. Eppure, il baseball, per molti è una specie di religione. All’inizio di “Bull Durham”, Anne Savoy (interpreta da Susan Sarandon), lo spiega. “Credo nella Chiesa del baseball. Ho provato tutte le religioni più importanti e la maggior parte di quelle minori. Ho creduto in Buddah, Allah, Visnù, Shiva, negli alberi, nei funghi e in Isadora Duncan. So tante cose. So che ci sono 108 cuciture in una palla da baseball, così come tanti sono i grani del Rosario… Le ho provate tutte, davvero, e la sola chiesa che nutre l’anima, giorno per giorno, è quella del baseball”. Una serie di strike, potremmo dire. L’unico ball è rappresentato dal parallelo inesatto fra le cuciture della palla e la corona del Rosario (scusate, ma nella mia infanzia ho fatto il chierichetto con tonaca e cotta e Messa in latino). In poche parole si riassume una situazione che fa del baseball qualcosa di più di un semplice gioco, poiché si passa dal piano agonistico a quello fideistico. Il nostro gioco, come tante altre discipline, ha i suoi riti e rituali, La stanza in cui Anne Savoy accoglie gli ospiti è dannunziana: statuette ed effluvi profumati la fanno da padrone. Non è il solo caso, in cui i riti e i rituali del baseball vengono evidenziati. “Bull Durham” è una fiction, una situazione immaginaria, anche se ha in sé molte verità. L’uomo, almeno fino a ora, ha sempre creduto in qualcosa che fosse al di là del misurabile, del pratico: ha sempre evidenziato la propria fede in qualcosa, o in chi avrebbe potuto renderlo capace di far fronte alle prove della vita. Ha sempre guardato oltre, al di là. Anche noi lo facciamo, anche se non lo dichiariamo. Spesso, la nostra reazione scettica nasconde in realtà un desiderio di miglioramento. Ogni volta che ci prepariamo per scendere in campo ci muoviamo in direzione di un obiettivo, ben sapendo che quanto avverrà non dipenderà solo dalle nostre abilità: dobbiamo affrontare altri, con  simili obiettivi. Possiamo preparaci in tanti modi, pronti anche a improvvisare, a cambiare lungo lo svolgersi della partita. Ogni manager ha una propria filosofia, un insieme di modalità che nei manuali di baseball dei college è codificata; ci sono tante strade per giungere al risultato, ma occorre scegliere una linea-guida. Nel nostro gioco, dove la preparazione e l’affinamento tecnico e mentale sono senza soluzione di continuità, occorre avere fede, fede nei propri mezzi e disponibilità al sacrificio, che traduciamo in campo col “bunt” e lo “squeeze”, cioè “sacrificio del singolo per il bene collettivo”. Certo, il “business” pare in grado di travolgere ogni cosa, di superare anche ciò che fino a pochi anni fa si riteneva elementare, reinterpretando e annientando le grandi ideologie che hanno caratterizzato il secolo scorso, “breve” forse anche per questo. Il più delle volte, non ci rendiamo che, più che a partecipare a un gioco, entriamo nel rito: gesti parole e azioni si svolgono all’interno di un sorta di tempio (non  ha caso, “dome” sono gli stadi coperti). In tutto questo, e a tutto questo, noi siamo partecipi poiché lo desideriamo, poiché crediamo nella giustezza di ciò che facciamo. Sappiamo bene quanto ciò che ci attornia sia addirittura ostile, in certi casi, per cui qualcosa che ci spinge da dentro ed evidenzia il nostro desiderio di esprimere il nostro impegno (una sorta di “inside-out”) è fondamentale. Spesso ci si chiede, dal punto di vista storico, come pochi uomini tremanti e disorientati siano riusciti a dare corpo a una religione che annovera più di un miliardo di credenti. Uno degli elementi fondamentali è stato la costituzione di “ecclesie”, di gruppi che si riconoscevano in verità fondamentali, di carità, con spirito missionario, in un mondo in cui la schiavitù era dominante. Forse dovremmo rifletter su questo e capire se davvero siamo in grado di stare insieme per indirizzare al meglio i nostri sforzi. È una operazione molto difficile. Dovremmo però riflettere sul fatto che più restiamo divisi, più concediamo spazio agli altri. Si tratta di una lotta di sopravvivenza in cui il sacrificio del singolo non basta.

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OLIMPIA

di Giuliano Masola. Tanti anni fa, ho trascorso le vacanze, traversando la Grecia e i Dardanelli, per arrivare sino a Troia (in Turchia). Lungo il percorso, mi sono fermato anche a Olimpia, ma purtroppo uno stiramento mi ha impedito di correre il famoso “stadio”. Persa l’occasione della vita, l’unica soddisfazione è stata una interminabile e bella cena, accompagnata da un corposo vino: alla fine cantavo in greco. Ero andato nell’Eallde convinto di vedere quanto i libri di storia mi avevano fatto immaginare, ma in realtà c’è voluta molta immaginazione per vedere oltre quelle poche colonne rimaste in piedi. Le guide per il turista moderno, spesso, sono volgono più la loro attenzione ad alberghi e ristoranti, che alla reale situazione. Per superare la possibile parziale delusione, ho ripreso i libri per capire quanto poteva essere accaduto. Pausania, vissuto nel II secolo d. C., può essere considerato il primo scrittore di manuali per il turismo. La sua “Periegesi”, purtroppo incompleta tratta in particolare di alcune regioni della antica Grecia, soffermandosi sugli aspetti storici e geografici: conduce il potenziale turista passo dopo passo. Leggi tutto “OLIMPIA”

IL GRUPPO OLTRETORRENTE PRESENTE ANCORA UNA VOLTA ALLA FESTA DI SAN GIUSEPPE IN VIA D’AZEGLIO

Ritorna domenica 18 marzo la Festa di San Giuseppe in Via D’ Azeglio a Parma. La tradizionale ed antica fiera si svolgerà come consuetudine dalle ore 10.00 alle ore 19.00 circa, in pieno quartiere Oltretorrente della nostra città, cioè in Via D’Azeglio,Via Imbriani e Piazzale Picelli e vedrà ancora una volta la partecipazione del gruppo Oltretorrente – Old Parma – Parma 2001.
In collaborazione con la F.I.B.S., la nostra organizzazione, di cui responsabile del progetto è il consigliere Cannata, installerà il tunnel gonfiabile sempre in Via D’Azeglio ma quest’ anno saremo – per ragioni di viabilità – in prossimità di Piazzale S.Croce in strada D’Azeglio angolo strada Imbriani a fianco chiesa S.S. Annunziata.
Come lo scorso anno, oltre ai consueti omaggi, sarà data la possibilità a tutti i bambini e le bambine di provare i nostri due bellissimi sport, come ? Lanciando e battendo in tutta sicurezza.
Visto il grande successo del 2007, ci auguriamo che la stagione sia bella e che invogli tanti bambini e tante bambine a passare qualche ora in Via D’ Azeglio alla Fiera e ci venga a trovare.
Vi aspettiamo numerosi !!!!!!
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