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Mi vendo!

di Giuliano Masola. Penso che atanti verrà in mente la bella canzone di Renato Zero lanciata nel 1977 (già ilfatto che sia stata lanciata la fa apprezzare un po’ di più). Il testo ponemolti interrogativi cui non è facile rispondere, per cui è bene restare fra lenostre quattro basi. Com’è noto, l’abilità principale di un venditore è quelladi vendere se stesso. Nel 1920, Charles Franklin Welck, dopo una breveapparizione nei Detroit Tigers nel 1917, a soli 25 anni era uno dei proprietaridei Rocky Mountain Tar Heels (trasponendo liberamente, i Lustrascarpe delleMontagne Rocciose). Non solo, poiché nello stesso anno, con una media battutadi .369, con 12 tripli e 42 punti battuti a casa a metà campionato, era ilmiglior giocatore della squadra, nella Virginia League. Saputo che iPhiladelphia Athletics, ultimi in classifica nella American League, erano allaricerca di giovani talenti, scrisse una lettera dattilografata a Connie Mack,proprietario degli Athletics, esaltando le abilità di un esterno che si chiamava,manco a farlo apposta, Frank Walker. Mack, bene impressionato dalle referenze,staccò un assegno di 5000 dollari per acquisire il contratto di Walker, che,prima di lasciare la sua città, pensò bene di depositare in banca. Nelle 24partite giocate con la squadra di Philadelphia in quell’anno, la sua media battutafu di solo .231, scendendo a .227 nelle 19 partite giocate nel 1921. Inrelazione a ciò, tornò alla sua squadra d’origine come giocatore e in parteproprietario; successivamente ne divenne il manager. Nel 1924, Walker fu ancorauna volta il miglior battitore della Virginia League con una media battuta di.370 e 50 basi rubate. Questa volta ebbe una offerta dagli Yamkees di 11 miladollari, ma fini per accordarsi coi New York Giants per 15 mila. La suacarriera si concluse nel 1925 con un media di .222 in 39 partite. Ancora unavolta dovette abbandonare le MMLL per andare nei Greenville Spinners (SouthCarolina), nella Athlantic League, dove restò per quattro anni. Fu il classicobattitore da Leghe Minori: nel 1929, due anni prima di ritirarsi, la sua media fudi .372. Una volta smessa la divisa, restò nel mondo del baseball. Nel 1962,per esempio, prese le redini dei Rocky Mount Leafs, una squadra di uncampionato minore della Carolina, assieme a Walter F. “Buck” Leonard, che erastata una stella delle Negro Leagues, associandosi prima ai Washington Senatorse poi ai Detroit Tigers. La storia di Frank Walker, scomparso nel 1974, puòessere per certi aspetti esemplare. Era un bravo battitore, ma non tanto da farfronte ai lanciatori di Major League: il classico “minor leaguer” Dal punto divista agonistico, tanti sono i casi come il suo, poiché il salto fra le LegheMinori e quelle Maggiori, o comunque le si chiami, non è banale. Per certiaspetti, Alex Liddi, il primo italiano a giocare e a realizzare un fuoricampoin Major League, vestendo la casacca dei Seattle Mariners nel 2011, potrebberappresentarne un parallelo. La media battuta di Alex, che poco prima didebuttare nelle Majors aveva raggiunto .345, però non è mai stata elevata: .208in 61 partite. Di conseguenza è stato mandato in campionati minori, prima di diventare“free agent” e approdare alle leghe messicane, dove ha saputo farsi valere,vincendo due campionati nazionali, oltre a quello Caraibico, ancora piùimportante.

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Il bilancio di stagione e l’occhio al futuro del presidente Ivan Ferrarini

Il 2018 è stato chiuso emesso alle spalle con la consueta cena sociale tenutasi sabato sera alla presenza di autorità istituzionali amministrative e sportive.  Il bilancio del presidente Ivan Ferrarini: «Abbiamo fatto tante coseche hanno richiesto uno sforzo organizzativo e da questo punto di vistacerchiamo sempre di fare meglio, grazie anche agli sponsor. La squadra maschileha fatto un ottimo campionato, all’inizio lottava per la testa del girone,tenuto conto della giovanissima età: il terzo posto deve essere un trampolinodi lancio.

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Italia Softball: le convocate per gli impegni della Nazionale in Australia

Con il 2018 ormai ai saluti, in casa Italia Softball è tempo di pensare ai primi impegni ufficiali del nuovo anno che daranno il via ad un 2019 molto intenso dove le ragazze di Enrico Obletter tenteranno il doppio assalto al titolo europeo e al pass per Tokyo 2020. Come già nel 2018, le azzurre inizieranno il loro percorso dalla ‘Terra dei Canguri’ dove però raddoppieranno i propri impegni rispetto allo scorso gennaio. Oltre alla Asia Pacific Cup (31 gennaio-3 febbraio), le azzurre prenderanno parte alla Summer Slam Competition (4-6 febbario).

La vera novità è la Summer Slam Competition, un evento che presenterà una versione più compatta e ridotta delle consuete partite di softball, lanciata e voluta dalla Federazione Australiana e per la quale è prevista la copertura televisiva integrale con la messa in onda in prima serata su tutto il territorio australiano. Una versione del softball mirata a dare sempre più peso al divertimento e al coinvolgimento del pubblico presente e di quello davanti agli schermi della tv riducendo i tempi ‘morti’ e velocizzando il gioco in favore dello spettacolo.

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Un diamante chiamato Bennu

 

di Giuliano Masola. Che nome strano!, direte, forse francese (“bien nu”: completamente nudo, spoglio); niente di tutto questo. Per trovare una soluzione, dovremo fare un lungo percorso, un lungo viaggio fra le stelle. La sonda spaziale OSIRIS-Rex della NASA in questi giorni ha raggiunto il suo obiettivo, un asteroide a circa due miliardi di chilometri e, a fine anno, ne farà una prima perlustrazione, avvicinandosi fino a 19 chilometri dalla superficie. Dopo una serie di avvicinamenti successivi, estrarrà dal sua terreno roccioso sessanta grammi di materiale che, nel 2023, saranno fatti cadere nel deserto dell’Arizona, prima dell’invio a Houston, nel Texas per le analisi scientifiche. Data la composizione dell’asteroide, si ritiene di poter ricavare utili informazioni da quanto potrà essere recuperato, con l’obiettivo, nel futuro, di usare corpi celesti di questo tipo come miniere. Per quanto nudo e spogio, sotto la sua superficie ci possono essere importanti risorse. Si tratta di una grande sfida. Leggi tutto “Un diamante chiamato Bennu”

Regole: bizzarrie in evoluzione

 

di Giuliano Masola. In questi mesi, in cui per lo più si sta alla finestra aspettando la Primavera, ci si aggrappa un po’ a tutto. Così si sfogliano vecchi libri e carte e si è presi dal tentativo, per me sempre fonte di problemi, di rimettere un po’ le cose in ordine. La mente così vaga e divaga, senza un obiettivo preciso. Il baseball è il risultato di tanti giochi per questo le regole hanno seguito un percorso evolutivo none sempre lineare. Il Massacchussets Game, gioco particolarmente diffuso nel New England, a metà Ottocento, si svolgeva fra quattro basi, a circa 18 metri l’una dall’altra, ma il box battuta per lo “striker” era a posto a metà fra la prime e casa base. Il lanciatore (“thrower”) spediva la palla da sotto, da una distanza di circa nove metri. Vinceva chi faceva 21 punti. La prima sostanziale svolta si ebbe con le New York Game Knickerbrokers Rules, destinate a essere vincenti, formalizzate negli stessi anni. Il campo assumeva i connotati attuali, con le basi distanziate a circa 27 metri; zona di battuta e casabase venivano a coincidere. Il lanciatore spediva la palla sempre da sotto, da una distanza di circa 14 metri, posizionandosi, a suo piacimento, lungo una linea di tre metri mezzo. In questa sede non possiamo esaminare l’evoluzione di ogni singola regola, per cui restiamo su quelle  che oggi possono apparire bizzarre. Dal 1867 al 1887, era il battitore a dire al lanciatore dove indirizzare la palla, alta (fra la cintura e le spalle) o bassa (fra le cintura e le ginocchia): immaginate Mike Trout che dice David Price esattamente dove lanciare.

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