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Chiacchiere

di Giuliano Masola. “Chats”, chiacchiere. Se ne fanno tante, in ogni dove e per qualsiasi argomento. Faccio parte di una razza in via di estinzione, me ne rendo conto. Faccio fatica ad assuefarmi ai nuovi mezzi, al nuovo modo di chiacchiere via internet; fino a non molti anni fa, bastava trovarsi al bar, ma era l’età della pietra, o giù di lì. La tecnologia ci ha messo a disposizione tanti mezzi per interconnetterci, al di là della nostra volontà. Basta avere un numero di telefono ed è fatta. Nel caso più semplice si tratta di messaggi, più che di vere chiacchiere. Le cose serie, per così dire, si hanno con strumenti molto potenti, come Facebook e What’s up. Finché si chiacchiera intorno a un tavolo o a un bigliardo non emergono particolari problemi, a meno che qualcuno non abbia voglia di attaccar briga. Con i mezzi tecnologici la cosa si fa più seria, poiché le dichiarazioni di ognuno possono rimbalzare in tutto il mondo in pochissimo tempo. Il rischio di scambiare lucciole per lanterne si moltiplica a dismisura, riproponendo la domanda di sempre: “quale è la verità” (dai nostri vecchi sappiamo che “morì fanciulla”).

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Giorni di gloria

di Giuliano Masola. Bruce Springteen non ha bisogno di presentazioni, basta ricordare il suo mitico album “Born in the U.S.A.”, pubblicato  nel 1984. Tutti conoscono Springsteen come un artista impegnato a evidenziare le criticità del proprio paese e la sua continua azione contro la guerra. Nella raccolta è inserita “Glory days”, una canzone in cui Bruce parla di un amico dei tempi della scuola. Nel testo il nome non è menzionato e per anni ci si è affannati per trovare questo personaggio. Finito quel periodo scolastico, infatti, le strade dei due compagni di squadra si erano separate. Solo anni dopo, occasionalmente, mentre Bruce esce da un bar, incrocia l’amico di un tempo, si fermano e cominciano a parlare delle esperienze passate insieme alla Scuola Santa Rosa da Lima (New Jersey); restano insieme fino alla chiusura del locale. “Avevo un amico/ che era un grande giocatore di baseball/ ai tempi delle scuole superiori riusciva a lanciarti la palla in una maniera/ che ti faceva fare la figura dello stupido/ l’ho visto l’altra notte/ in questo bar sulla strada/ stavo entrando, mentre lui usciva/ siamo rientrati, ci siamo seduti/ abbiamo bevuto qualcosa…”.

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1000 in battuta

di Giuliano Masola. Aneddoti e storielle fanno parte del gioco, della leggenda, poiché danno colore, offrono una diversa interpretazione agli accadimenti, grazie alla fantasia. “Batting 1.000” è il titolo di un racconto di Daniel McAfee apparso nella rivista “The best of spitball”  del 1988. Si tratta dell’incontro, o meglio della grande sfida fra il narratore, Don Moore, lanciatore dalle medie stratosferiche dei Padres, e Ted Higman degli Yankees, che si dicesse provenire da altri mondi.  “Il calabrone”era alto poco più di un metro e mezzo, con un fisico pelle e ossa e due occhi gialli estremamente larghi (il viso minuto ne esaltava le dimensioni). Si diceva che dal suo lontano pianeta avesse ascoltato le nostre trasmissioni radio; grandemente incuriosito dalle prestazioni dei favolosi Yankees del ’27, aveva deciso di giungere in America e provare a giocare a baseball. Poco dopo esser giunto era entrato in squadra: dal primo giorno in poi continuava a battere 1.000, sconvolgendo stampa, tifosi e manager. Leggi tutto “1000 in battuta”

14 luglio

di Giuliano Masola. Dieci giorni separano le ricorrenze di due fra i più grandi avvenimenti “che sconvolsero il mondo” nel XVIII secolo: la Rivoluzione Americana (1776) e quella Francese (1789). Due avvenimenti in due mondi diversi, con obiettivi non esattamente uguali, destinati, però nel tempoa confluire. Di entrambi siamo sostanzialmente figli, poiché per raggiungere quegli obiettivi di dignità umana, libertà, fratellanza e uguaglianza ancora lottiamo. Negli anni Ottanta del Settecento, il baseball ancora non esisteva. C’erano però giochi che ad esso avrebbero portato: il cricket, il townball e, perché no, le cuccole, il gerlo o lippa, e tanti altri.  Molti si sono chiesti il motivo della nascita del baseball, soprattutto ne hanno cercato le origini. Il motivo, con tutta probabilità è di ordine politico, trovare una forma di distinzione verso la madrepatria inglese.  Indipendenza, per i coloni americani, significava giocare a qualcosa di diverso dal cricket, qualcosa di autonomo, di indipendente (ciò avverrà successivamente con il football, americano appunto, diverso dal rugby).  Il processo verso forme di indipendenza e l’unità nazionale portano, pressoché naturalmente, a evidenziare la distinzione, la peculiarità,, il carattere nazionale. Leggi tutto “14 luglio”

4 luglio

di Giuliano Masola. L’Indipendence Day richiama a tante cose, a tanti titoli di opere cinematografie e di letteratura: fiction e romance paiono andare di pari passo. Bandiere che garriscono, seppur bruciacchiate e trapassate da proiettili, interminabili processioni a ricordo di un civile e guerresco eroismo si susseguono. Da giorni divise e cappellini del “July 4th” sono in commercio. Anche MLB.TV è a prezzo super scontato per un giorno. Quanta differenza con quanto capita da noi, dove esporre la bandiera nei giorni che hanno segnato una pietra miliare del nostro cammino verso l’unità e la democrazia sembra una forma di sorpassato folclorismo – provate a contare le bandiere che vede in giro, appena fuori dalle storiche porte cittadine (probabilmente la colpa è degli immigrati…). Gli “italiani” di tutta America sfilano con coccarde tricolori su divise yankee; è più che comprensibile; il barbecue, però, è americano, salvo le tagliatelle Alfredo’s dove al posto del peperoncino c’è aglio a volontà, Non chiediamo troppo alla luna: va già bene così. Fra pochi giorni, a Miami ci sarà la All Star Game, uno spettacolo nello spettacolo. Nelle due selezioni che si fronteggeranno ci saranno cognomi che richiamano il nostro Paese, Rizzo in primis. Questi figli di immigrati di terza o quarta generazione molto probabilmente di parole italiane ne sanno poche: pizza, macaroni, mama, papa; qualcuno potrebbe anche intonare la più nota canzone di Domenico Modugno al mondo, Nel blu dipinto di blu, col suo ritornello “Volare…oh, oh…, Cantare oh, oh…”, senza capirne il grande e profondo significato. L’America è l’America nonostante tutto; per quanto riguarda il baseball, abbiamo sempre tanto da imparare. I ragazzi americani non sono diversi e migliori dei nostri; la differenza è che giocano sempre, facendo spesso più sport quasi in contemporanea e, trasferendo le abilità da una attività agonistica all’altra. Attualmente, Tim Tebow, classe 1987, già quarterback (una specie di regista) dell’American Football League è entrato a far parte dell’organizzazione di Mets e sta lavorando sodo per raggiungere, gradi per grado, la Major League.   Leggi tutto “4 luglio”