di Giuliano Masola. Da troppo tempo ci stiamo abituando alla scelta del meno peggio o di chi, una volta eletto, non disturba. Certo l’attrazione di chi propone ribaltoni e promesse epocali è sempre alta, ma alla lunga questa subisce la sorte di un flash: una lampo luce che subito lascia posto al buio.
Penso che tanti abbiano sentito parlare di Diogene, un filosofo che dormiva in una botte e che in pieno giorno girava con una lampada accesa alla ricerca dell’uomo, cioè di chi vive secondo la sua più autentica natura, al di là di tutte le esteriorità, le convenzioni o le regole imposte dalla società e al di là dello stesso capriccio della sorte e della fortuna, in linea con la natura, e così è felice. Penso che tanti, anche inconsapevolmente stiano facendo la stessa ricerca. In questi mesi complessi e difficili, mesi in cui purtroppo tanti amici del batti&corri ci hanno lasciato, l’attenzione è stata correttamente posta per evitare problemi di ordine sanitario e sociale. Nessuno (salvo qualche scienziato inascoltato) aveva previsto una pandemia i cui effetti collaterali (incremento della conflittualità, creazione di muri, opportunismo politico che può tradursi in violenze interne e nuove guerre) sono peggiori del morbo stesso. Nonostante tutto, sono d’accordo con Socrate, occorre cercare l’uomo, oltre che esserlo. Credo che anche noi siamo alla ricerca chi può dare un nuovo stimolo al nostro mondo. Abbiamo bisogno di forze e menti giovani, tenendo conto che ciò non dipende solo dai dati anagrafici. Dobbiamo tornare a essere vincenti, soprattutto col cervello. Come diceva un grande allenatore della pallavolo, per essere tali occorre vincere, imparare a vincere. La vittoria è effimera; il passare dal singolo trionfo al successo è una cosa molto più difficile, poiché significa conoscerne bene i motivi sottostanti e imparare dalle sconfitte che inevitabilmente arrivano. Il nostro è uno sport di squadra la cui gestione è complessa, stante la competitività interna. Nei corsi per tecnici anni fa si spiegava che ci motiva IL CASO (interesse, lucro, comodità, affettività, sicurezza, orgoglio), per cui solo la conoscenza delle proprie capacità e dei propri mezzi e l’apprendimento possono renderci responsabili e consapevoli. Tenendo conto di ciò, non si può pensare di essere il manager per una sola stagione per cui si tratta di porre obiettivi sfidanti ma credibili e creare le condizioni per raggiungerli. Circondati e immersi nell’ effimero facciamo fatica a muoverci, a porre solide basi, ma non abbiamo scelta. Per costruire occorre prima scavare, trovare un terreno solido su cui basare le fondamenta; troppo spesso ce ne scordiamo. In quasi tutte le aziende la nuova stagione comincia a settembre, il mese in cui si fa il “last esimate” e da qui partire per costruire il budget, la previsione per il prossimo. Anche per noi ciò dovrebbe valere, non importa se i campionati sono ancora in corso e che i dubbi e le perplessità restano dominanti. Pur non essendo facile, previsioni occorre farne. Nessuno ha la bacchetta magica; in periodi normali si considera quanto avvenuto negli anni e nei mesi immediatamente precedenti per una elaborazione; quest’anno, e probabilmente anche nei prossimi, dovremo pensare in modo differente, partire da presupposti diversi. Al di là di tenere le maniche rimboccate (credo che tanti le abbiano già ogni giorno) occorre fare uno sforzo progettuale. In ogni paese si gioca un batti&corri diverso e quando ci si incontra occorre trovare regole comuni. Il regolamento può essere universale, ma le peculiarità restano e ciò si vede benissimo in campo, Major League compresa. Il far parte del sociale implica uno scambio, la creazione di un ambiente. Come tanti, guardo pressoché quotidianamente qualche spezzone di partita. Una domanda che continuo a farmi è questa: i risultati in campo, compresi i tanti homerun e strikeout, sarebbero stati gli stessi con gli stadi pieni di spettatori? Sono convinto di no, pur considerando i pro in grado di agire indipendentemente dal pubblico. Si gioca in una sorta di limbo, in cui gli esterni possono “rubare” fuoricampo sicuri di non trovare qualcuno che li ostacoli e nessuno del pubblico può portarsi a casa una pallina per ricordo, in particolare i più piccoli. Nel caso in cui l’attuale situazione si prolungasse molto credo purtroppo che di effetti negativi ne vedremmo tanti. Proprio per questo occorre un piano di riavvicinamento sportivo e sociale attraverso un nuovo patto fra le società, una riorganizzazione che parta dal basso. Decreti e grida purtroppo non suppliscono alla stupidità e al libertarismo, per cui occorre procedere attraverso il convincimento. Sappiamo quanto ciò rappresenti un lavoro difficile e dai tempi non brevi, ma abbandonarsi all’ improvvisazione e agli slogan sarebbe distruttivo. La lanterna è accesa e deve restarlo anche di giorno, nonostante qualcuno pensi che si tratti di una forma di pazzia. Dobbiamo ripartire, se vogliamo continuare ad esserci. Come ha scritto un anonimo poeta “Gli usati calzini muti mi osservano, invitanti. / Non mi va di restare fermo lì, a meditare su chi, cosa, come, quando, perché. / Non è ancora l’alba / E vai! Un nuovo viaggio è iniziato”.
Giuliano Masola 1° settembre 2020.