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Lettera a un giovane venzuelano

di Giuliano Masola. Nel mondo del batti&corri è quasi automatico, nei momenti critici, quelli di passaggio e di trasformazione, trovare ispirazione e conforto daùa chi ha lasciato lettere e discorsi che continuano a lasciare il segno. “Ascoltami Jimmy” è un incipit che fa venire ancora la pelle d’oca a chi crede in un mondo aperto, libero, che si mette in gioco continuamente. Allo stesso modo l’addio di Lou Gehrig, ci richiama a una vita intensa e motivata. Sistemando il garage, ho trovato vecchi manuali; da uno di questi ho tradotto con grande fatica una lettera che mi pare interessante, penso in linea coi tempi pur essendo stata pubblicata nel 1993.

Mio Caro Omar, ieri abbiamo avuto uno scambio di opinioni, ma non considerarlo una discussione. Pretendevi di andare a una festa quando le prove trimestrali sono praticamente alle porte. «È un problema mio ‒ hai detto ‒ e so come risolverlo». Ti eri imbarcato in una ideale programmazione in cui cosa fare ogni mezz’ora era precisamente scandito, dimostrandomi ‒ almeno così ritenevi ‒  che avresti avuto il tempo sufficiente per andare alla festa e per studiare in vista delle trimestrali. Alla fine, imponendo i miei criteri, che credo sinceramente tu condivida con te, non andrei alla festa. Tuttavia non sono soddisfatto della conversazione e di ciò che ci siamo detti. Pertanto, cerco di essere chiaro con queste righe. Figlio mio, la questione non è tener da parte una o due ore per studiare. Se tu facessi il proposito soltanto di guardare meno la televisione e dormir di meno, diventeresti in grado di presentarti agli esami di medicina nucleare. Il punto è l’atteggiamento da assumere e la presa di posizione di fronte a ciò che è importante. Occorre dare il giusto valore ad ognuna di esse e dedicare a ciò tempo e impegno, senza mercanteggiamenti. Gli esami trimestrali non sono un requisito imposto dalla scuola o dalle leggi sull’istruzione. È un a sfida personale nella quale dimostri  a te stesso che stai migliorando e ti stai preparando al futuro. Non ci sono frasi ricercate e libretti scolastici che nostrano che uno è bravo e l’altro no. Nell’affrontare quotidianamente la vita, l’uomo si trova con le sole proprie capacità. E se non si prepara a farlo si trova svantaggiato verso chi si è impegnato appieno per riuscire. Per chiarirti bene il mio punto di vista ti faccio un paragone. O ricordartelo poiché te l’ho già fatto in un’altra occasione. Pensa alla tua vita come a una partita di baseball. Tu sei il manager e a poco a poco metti insieme diciotto giocatori che hanno tutte le caratteristiche necessarie: intelligenza, memoria, salute, forza fisica, ecc. Puoi metterne in campo solo nove e qui ha inizio la prima selezione. L’intelligenza è come un bravo ricevitore che dispone bene in campo i propri compagni e che deve tenerli attenti al gioco per tutto il tempo; tuttavia, molte volte è meglio non contare sulla memoria, una sorta di lanciatore molto veloce, che però spedisce spesso la palla in ball e vien meno nei momenti difficili. Meglio iniziare con la comprensione che richiede tempo per produrre effetti, ma che è un mezzo molto più sicuro. Evitiamo che la memoria sia fonte di preoccupazioni. Come manager devi tenere una visione completa del gioco e del valore delle squadre che si affrontano. Ciascuna delle tue facoltà ‒ i componenti della tua squadra ‒ rappresenta un valore che deve essere interscambiato a beneficio di tutti, senza lasciar da parte nessuno. Per prima cosa si devono fare punti. Vincere viene dopo. I punti si fanno gradualmente, mettendo un uomo in prima, poi in seconda e così fino al piatto. Con pazienza e perseveranza. Unendo una valida a una rubata, una base per ball a una smorzata di sacrificio, combinando cervello e muscoli. E andare a una festa lasciando da parte gli esami al momento, pensando che avrai tempo di studiare domani, è come buttare al vento la possibilità di far giungere uno in prima, pensando che poi c’è il quarto in battuta che farà vincere la squadra con un fuoricampo. I fuoricampo sono rari, figlio mio, anche nelle Grandi Leghe. E un’altra cosa; fai giocare tutti i tuoi ragazzi. Ci sarà sempre una opportunità per ognuno di loro. Te lo dico poiché c’è un giocatore che un giovane manager non vorrebbe in campo. Si chiama rinuncia oppure capacità di sacrificio. Non è quello che ti risolve le giocate, né uno spettacolare fuoricampista e tanto meno un meraviglioso difensore. Non credo sia una cosa buona metterlo in campo in ogni momento. Però è bene tenerne conto come di chi ti tiene desta la memoria, poiché non tutte le partite si possono vincere. E che talvolta insegnano più le sconfitte delle vittorie per progredire.  Ti benedico. Papà.

“È necessario saperne di baseball, ma è più importante conoscere i bambini” (graffito sul muro di un campo da baseball, Venezuela).

Giuliano Masola, 17 maggio 2020