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   SOLLEONE

 di Giuliano Masola. In Oriente si racconta di una leonessa, che saltando fra un’altura e l’altra, partorì un cucciolo, che però cadde nella strada sottostante, dove c’era un gregge di pecore. Questi docili animali non si pongono tante domande, per cui accolgono chiunque. Così il leoncello fu allevato, brucando erba. Un giorno, casualmente, un vecchio leone intravide la figura di un suo giovane simile fra la pecore: non poteva essere! Fece di tutto per far comprendere all’ovino di adozione la sua vera identità; alla fine ci riuscì ‒ che avrebbe potuto fare chi si credeva un agnello contro un leone? ‒ Rispecchiandosi in uno stagno il leoncello capì la sua vera natura ed emise un tremendo ruggito: da umile che era, comprese tutta la potenza che aveva in sé, ribadendo il proprio ruolo. Non è dato sapere se, dopo la riconquistata identità, fece fuori il gregge, ma le favole, si sa, devono avere un lieto fine. Magari! Sappiamo, infatti, che la realtà supera la fantasia. In questi giorni stanno circolando voci che danno  più che da pensare, molto allineate a ciò che viene urlato ai più alti livelli, in ambiti di responsabilità in cui l’intelligenza pare evaporata. Un re mira a ingrandire il proprio regno; se possibile diventa imperatore.

Nel nostro piccolo mondo le aree di intervento sembrano ridotte, ma se uno ci sa fare, qualcosa riesce a combinare. Come diceva un amico, coi tornei, l’estate è finita. In effetti, dai primi di luglio a fine agosto, è una vera kermesse. Senza mezzi termini, l’organizzazione dei tornei ha un aspetto finanziario: se riesci a far partecipare molte squadre e il meteo non pone ostacoli, si possono raggranellare soldi per la stagione successiva. Già alcuni mesi fa avevo parlato dello stesso tema, ma pare ci siano novità importanti. I principali tornei, come il Due Torri e quello di Sala, sono già stati posti sotto l’egida del CNA da qualche anno: altri come il Torneo della Crocetta, autorizzato dalla FIBS è stato fino ad ora organizzato in modo autonomo. L’autonomia, però, non pare più gradita. Organizzare è una cosa seria, non si devono usare metodi di convocazione che sanno di carboneria, perché si invitano solo amici amici degli amici ‒ eppure, nel caso specifico, tra leoni e leoncelli dovrebbe esserci un certo feeling. È evidente un conflitto di interessi. In una situazione di monopolio della gestione arbitrale dei tornei come si sta prefigurando, le società si troverebbero a sottostare a costi arbitrali che non possono governare (sic est!) e non avere alcun potere decisionale nella scelta degli arbitri disponibili. Oltre a ciò, gli arbitri di zona, che potrebbero avere almeno un momento di soddisfazione confrontandosi con realtà nuove e diverse, si trovano di fronte al muro di chi vuole imporre il proprio potere senza tanti scrupoli. Per il re della foresta, siamo a livello di lesa maestà, quasi da denuncia, per cui è bene che tutto rientri in un discorso più ampio, organizzativamente più consono al bene comune. (affermazione che comincia a provocarmi il voltastomaco). Ovviamente, chi non ci sta rischia di brutto. Mi chiedo, però, di tutto questo, chi ha la responsabilità federale al massimo livello è al corrente? Ruggire da dietro le sbarre è comodo; forse chi lo fa ha paura che qualcuno apra il cancello e lo rimandi nella savana, dove i confronti sono alla pari e la supremazia non è certa. Chi arbitra da molti anni e ne ha viste di tutti i colori non si sconvolge più di tanto e, giunti ormai alla fine del percorso potrebbe anche fregarsene. Ma non è proprio così, almeno per quanto mi riguarda. In un mondo in cui le urla sovrastano lo scambio franco delle idee e tutto è oltre misura finalizzato al potere ‒ facendo volutamente finire nell’oblio quante vittime questo stesso potere ha comportato e comporta ‒ occorre fermarsi un attimo e riprendere a far funzionare il “vecchio fagiolo”, il cervello. Se siamo ridotti in queste condizioni lo dobbiamo a un semplice fattore: la divisione. E per chi, senza troppi scrupoli, persegue il “divide et impera” è un invito a nozze. Se esaminiamo il nostro passato, normalmente pensiamo alle glorie, ai tanti scudetti vinti, agli eroi del batti&corri. Nel film “L’attimo fuggente”, il professor Keating porta i suoi nuovi allievi nella sala dove sono esposti i trofei conquistati dal college: “Quelli che vedete, quei campioni… non ci sono più”.. Scomparso, non significa necessariamente “aver voltato i piedi all’uscio”, ma essersene andato, aver cambiato area di attività. Restano le società, i giocatori e le giocatrici di ogni livello e categoria, ma non si riesce a fare squadra. Cosa può fare da sola una società fare contro gli organi federali, in particolare centrali? Poco, molto poco, anche se i suoi voti sono stati determinanti nella elezione presidenziale. Se le società si unissero nel fare proposte o nel far comprendere le reali difficoltà sarebbe un’altra cosa. Lavorando in una grande azienda per oltre quarant’anni, ho imparato a distinguere gli “yesmen” dai “men” e mi ha fatto sempre una grande rabbia il fatto che i primi avessero successo. Un vecchio slogan diceva “La terra a chi la lavora”; lo muterei in “Il diamante a chi vi opera”. In questi giorni in cui si arbitra nonstop non vorrei proprio vedere federali con la pancia al sole, che strascicano infradito; vorrei vedere degli uomini pronti ad aiutare chi sta dando quanto possibile in campo e fuori. I ruggiti non risolvono il problema. Dobbiamo smetterla di parlottare, cominciando a parlare, a discutere, a farci sentire, nel modo più professionale e propositivo possibile. Sono convinto che ne siamo in grado e che lo dobbiamo fare. Nel mondo dell’economia, ma non solo, si parla di “resilienza”, cioè della capacità di resistere agli eventi più traumatici, cercando nel contempo il modo strutturato per risolverli. Se non abbiamo la forza e il coraggio di tornare a far gruppo, ogni sforzo finirà in fumo. E, in poche parole, se vorremo avere un arbitro in campo, dovremmo adeguarci alla sua disponibilità. Si fa già ora in qualche caso, ma non va bene. Lasciamo che i ruggitori/reggitori vadano per la loro strada; forse, chi è sopra di loro un giorno o l’altro si accorgerà dei danni che combinano e, soprattutto, che gli combinano. Almeno, me lo auguro, poiché “nulla è difficile a coloro che hanno volontà”.

 

Giuliano Masola

9 luglio 2018