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Tra passato e futuro

di Giuliano Masola. Pochi giorni fa ho superato i settanta. Il giorno del compleanno è per me qualcosa di particolare, quello in cui cerco di ripassare vecchie carte, consapevole che il più, almeno temporalmente, è fatto.

Così mi è capitata fra le mani una lettera scritta alla fine del ’95. Si tratta del saluto agli “ultimi del NordEmilia”, a conclusione di un percorso trentennale, considerando l’esperienza originale del “Montanara”; può darsi che qualcuno la ricordi. In questa circostanza, mi rendo conto di stare troppo sul personale, ma penso che una rilettura assieme possa dare, come si sul dire, qualche contributo alla causa.

“Cari Ragazze Ragazzi, con il 1995 si chiude un piccolo pezzo di storia del Baseball, la nostra, quella del “NordEmilia”. Nel ringraziarvi di cuore per il vostro impegno, mi permetto di trasmettervi qualche pensiero. Così come alla fine di un capitolo di un libro di avventure vien voglia di cominciare a leggere subito quello successivo, vi trovate, forse per la prima volta, di fronte a qualcosa di nuovo: ad una scelta che, per quanto sportiva, è importante. Siate liberi, siete liberi: pensate un poco prima di decidere, senza farvi attrarre dalle apparenze. Il NordEmilia, e chi lo ha rappresentato, non può più proteggervi (almeno come baseball) come fino ad ora. Come avete imparato, lo sport non è solo gioco; assomigliando alla vita ha momenti duri che, però, contribuiscono a far crescere. Ciò che si è tentato di fare in questi anni è stato quello di farvi sentire parte di una squadra vera. Le lotte, le guerre che ci attorniano sono fatte da un egoismo troppe volte vincente: si distrugge anziché costruire. Forse troppi anni sono passati da quando ho incontrato una palla, un guanto, una mazza. Può darsi che le mie idee possano apparire quelle di un vecchio brontolone superato.  Nel Natale che si avvicina, però, vorrei che ognuno di voi trovasse oltre ad un cesto di regali, lo stimolo per  andare avanti, continuando ad amare il batti-e-corri. Lo dico anche a me stesso. È difficile, e per questo ancora più importante provarci”.

Rileggendo più volte. Dopo tanto tempo, mi sono reso conto di quanto poco si sia fatto sotto certi aspetti, soprattutto di una mancato salto di qualità complessivo: violenza e prevaricazioni, più o meno mascherate da perbenistiche apparenze (tutti i giorni pare sia carnevale, ma è me dà l’idea di una infinita quaresima). Certamente abbiamo ogni momento la possibilità di iniziare un nuovo capitolo, proiettarci, con sudore e fatica, verso nuovi traguardi, anche se pari che tutti remino contro. A ben pensarci, l’unica vera possibilità è fare squadra, essere una squadra. Negli anni di sofferta agonia, Il NordEmilia aveva tentato di trovare una collaborazione con altre società che al tempo avevano simili problemi, come la Crocetta e l’Astra (cui va ancora il riconoscimento per gli sforzi fatti), , ma il risultato non è stato positivo a causa di una crisi tanto generale quanto incompresa. Il mondo era cambiato e il baseball, non solo locale, lungi dal capire il baratro che si parava davanti, si lasciava ammaliare da glorie passate e da un fantomatico avvenire. In questi giorni, fortunatamente, i motori cominciano la fase di riscaldamento e le belle giornate, seppur fredde, invitano a uscire per fare qualche lancio e battere qualche palla. Una nuova generazione di ragazze ragazzi si prepara ascendere in campo, mentre un’altra sta per lasciare e tutto ciò invita a pensare a porci delle domande, soprattutto a non credere ai miracoli. Come spesso ripeto, occorrono nuove idee, stimoli; soprattutto, una  reale volontà di sacrificio. Da troppo  tempo, in ogni campo, non si parla più, ma si urla, si sbraita, si inveisce, si calunnia; il tutto coi più potenti mezzi della scienza e della tecnica. Di conseguenza, i risultati non possono che essere molto amari, tali da farci perdere il bene più prezioso: quella libertà che tanti hanno fa ho invitato i ragazzi ‒  ora adulti e genitori ‒ ad accogliere e a farsene carico. Scrivo queste parole con un po’ di commozione ‒ i vecchi hanno la lacrima facile ‒ cercando qualche stimolo per continuare. Scrivere a mano una lettera è una cosa superata, per cui forse vale la pena di buttare anche quella, tanto… Il freddo di metà inverno pare voglia essere un elemento in più per costringere alla resa, a mandare tutto a quel paese e ritirarci in quello splendido isolazionismo che qualche benpensante sta additando come un fulgido esempio. Mi devo fare un po’ di coraggio: mi torna in mente quanto scriveva Renato Serra nel suo “Esame di coscienza d un letterato”, lettera in cui spiega la decisione di lasciare la sua “torre d’avorio” e partire per la Grande guerra. “Mi contento di quello che abbiamo di comune, più forte di tutte le divisioni. Mi contento della strada che dovremo fare insieme, e che ci porterà tutti egualmente: e sarà un passo, un respiro, una cadenza, un destino solo, per tutti. Dopo i primi chilometri di marcia, le differenze saranno cadute come il sudore a goccia a goccia dai volti bassi giù sul terreno, fra lo strascicare dei piedi pesanti e il crescere del respiro grosso; e poi ci sarà solo della gente stanca che si abbatte, e riprende lena, e prosegue; senza mormorare senza entusiasmarsi; è così naturale fare quello che bisogna. Non c’è tempo per ricordare il passato o per pensare molto, quando si è stretti gomito a gomito, e c’è tante cose da fare; anzi una sola, fra tutti”.

Se ricordo bene, anche Babe Ruth ha scritto qualcosa di simile…

 

Giuliano Masola, 11 febbraio 2018