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Secondo giro di valzer tra Fibs e società dell’Ibl. L’opinione di Stefano Macina, segretario del San Marino.

 

Martedì scorso il Presidente della Federbaseball Marcon ha incontrato a Bologna i rappresentanti delle otto società che hanno preso parte all’Italian Baseball League 2017 in una riunione allargata ai dirigenti di Imola, Castenaso, Grosseto e Collecchio, le quattro formazioni che hanno dato vita alle semifinali del campionato di serie A Federale.
Sul tavolo le proposte per la riforma del massimo campionato di baseball. Tra i temi fondamentali il numero di partecipanti al torneo 2018, il format del campionato, i relativi criteri di ammissione, il ritorno alle retrocessioni, il numero di visti per i giocatori stranieri e il recepimento delle normative europee sul mercato del lavoro e le conseguenti ricadute sul mondo dello sport alla luce delle sentenze Bosman e Sheppard.
Al termine dell’incontro l’ufficio comunicazione della Federbaseball ha emesso un comunicato che anche la nostra testata ha integralmente riportato. Nei giorni successivi i social network e i siti specializzati hanno ospitato un acceso dibattito sui contenuti usciti dall’incontro bolognese.
Per portare un contributo di chiarezza abbiamo avvicinato Stefano Macina, segretario del San Marino dopo esserne stato a lungo il presidente, che ha gentilmente accettato di rispondere alle domande di Tuttobaseball.

– Macina, siete soddisfatti delle linee-guida uscite dall’incontro di Bologna?

“Personalmente lo sono. Rispetto alle posizioni iniziali adesso c’è la possibilità di un dialogo. Ci siamo confrontati, abbiamo approfondito e discusso i temi sul tavolo partendo dalla proposta che le società dell’Italian Baseball League avevano avanzato prima della riunione di Firenze. Il tutto in un clima collaborativo anche se non tutti i nodi sono stati sciolti”.

– Il punto centrale del confronto, quello che negli ultimi giorni ha acceso il dibattito anche tra gli appassionati, sembra essere quello della normativa riguardante la parificazione tra atleti comunitari e italiani.

“Su questo il Presidente Marcon ha detto di non poter assolutamente derogare perché, come ribadito dal Coni, si finirebbe in contrasto con le normative comunitarie. Noi abbiamo dato la nostra disponibilità a stabilire una norma che preveda l’obbligo di inserire quattro o cinque giocatori di formazione italiana nel line-up (Afi) ma i vertici della Federazione ritengono non percorribile quella strada. L’unica possibilità praticabile rimane quella di costruire roster che prevedano almeno la presenta del cinquanta per cento di giocatori italiani. Ne abbiamo preso atto, in fin dei conti non dipende da noi se il Coni ha imposto questa normativa”.

– Con l’equiparazione dei giocatori comunitari agli italiani si aprono nuovi scenari per quanto riguarda la costruzione delle squadre.

“Se vogliamo fare un discorso di carattere esclusivamente economico dobbiamo partire dalla considerazione che attualmente un giocatore comunitario di buon livello costa meno di un italiano: se volessimo fare un discorso egoistico potremmo dire che la normativa contribuirebbe a calmierare le pretese economiche da parte dei giocatori italiani. Ma, ovviamente, il punto non è questo: le società hanno interesse nel radicarsi sul territorio, nel coinvolgere il pubblico e nel difendere il loro attuale patrimonio tecnico dando ai giocatori italiani la possibilità di essere utilizzati e valorizzati completando il percorso di formazione iniziato dai settori giovanili. Non dimentichiamo che viviamo in una situazione di mercato sempre aperto: il San Marino non ha potuto fare nulla quando Coveri e Da Silva hanno scelto di andare a giocare in altre realtà. Un altro aspetto da chiarire è quello relativo a quanto possa essere veritiero il roster nella parte dei giocatori italiani: si corre il rischio che per raggiungere il fatidico cinquanta per cento vengano inseriti giovani giocatori che non scenderebbero mai in campo”.

– Sul tavolo anche la formula del campionato per le stagioni 2018 e 2019.

“Per il prossimo anno si è stabilito di disputare un campionato a dieci squadre con il format di due partite settimanali da giocare in due serate differenti. Unica deroga – per un anno e in assenza di retrocessioni – per le società neo-promosse per merito sportivo che potrebbero giocare due partite in un giorno. Se non si dovesse raggiungere il numero di dieci squadre si giocherebbe un campionato a otto con tre partite a weekend”.

– E se le società che hanno acquisito il diritto sportivo dovessero rinunciare?

“Allora dovrebbero scattare i parametri definiti nella nostra proposta. La mia opinione, condivisa da molti, è che l’Italian Baseball League deve essere la vetrina, la punta di diamante del nostro movimento: allargare il numero delle squadre e abbassare il livello di gioco è una politica che non mi trova d’accordo. Chi entra in Ibl deve necessariamente rispondere ad alcuni requisiti. Non dimentichiamo poi che nel 2019 e nel 2020 sono previsti i campionati europei e i giochi olimpici, si corre il rischio di terminare la stagione a fine ottobre. Il nostro campionato non può durare più di cinque o sei mesi”.

– Dalla riunione di Bologna è uscita anche la necessità di anticipare dal 15 gennaio al 15 dicembre l’ultima data utile per l’iscrizione al massimo campionato.

“Necessario farlo, non possiamo aspettare febbraio per prendere decisioni. Le quattro semifinaliste dell’ultimo campionato di serie A federale non hanno sciolto le riserve sulla loro partecipazione ma i tempi cominciano a stringersi. Dobbiamo allestire la squadra per due o tre partite? Si giocherà a sei, otto o dieci squadre? L’utilizzo dei lanciatori stranieri sarà libero? Il Coni dice che sotto l’aspetto dell’utilizzo degli stranieri e dei comunitari non si può derogare dalle linee-guida e che sarebbe discriminatorio non tesserare un atleta comunitario. Ne prendo atto. Rimane una scelta nostra e dei nostri tecnici quella di non metterli in campo. La mia idea è che se un giocatore vale allora deve giocare: se Coveri dovesse tornare dall’America io lo farei giocare di sicuro”.

I lavori del tavolo tra Fibs e società Ibl – foto fibs.it

– Alla riunione di Bologna era presente anche l’allenatore della nazionale Gerali. L’ingresso in Ibl di giocatori di passaporto europeo potrebbe preludere a qualche problema per il gruppo azzurro.

“Il rischio di lavorare per altre nazionali europee indubbiamente c’è. Per il ricambio generazionale potrebbe essere utile un incentivo della Federazione a favore di chi investe sui prospetti di casa nostra. Ci sono alcune idee al vaglio, come un premio economico da quantificare per chi dovesse utilizzare in campionato giocatori italiani Under 23. Su queste idee ci ritroveremo a inizio dicembre dopo che avremo studiato le strade da percorrere e stabilito i parametri per le promozioni e gli eventuali ripescaggi”.

– E per il recupero delle grandi città?

“Cerchiamo di essere seri e concreti. L’ingresso in Ibl di Imola e Castenaso, pienamente legittimo dal punto di vista sportivo, non farebbe altro che aumentare l’incidenza sul campionato delle squadre dell’Emilia Romagna. Anche l’idea di portare squadre nelle grandi città senza avere un adeguato piano economico-finanziario non porterebbe alcun vantaggio. La strategia deve essere quella di allargare coinvolgendo. Qualche anno fa (2010 n.d.r.) la nostra società ha stretto un accordo con il Macerata che si è incaricato di seguire il progetto dell’Ibl2. Una sera abbiamo portato a Macerata lo spettacolo di una partita di campionato tra San Marino e Grosseto: lo stadio era pieno di pubblico entusiasta. Credo che la strada da percorrere sia proprio questa. La Fibs, magari attraverso uno sponsor, dovrebbe farsi promotrice di un’iniziativa che porti le squadre di Ibl a giocare partite di campionato sui campi di Milano, Torino, Firenze, Roma… Da parte nostra avrebbe la massima disponibilità, portare il nostro prodotto in nuove piazze e verificare la loro ricettività è sicuramente nell’interesse delle nostre società e dei nostri partner commerciali”.