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Baseball alla corte di Re Artù

Di Giuliano Masola. La formazione non ha mai fine; il periodo più complesso e delicato di questo processo è quello che va dalla fanciullezza alla maturità. Fra i tanti scrittori che hanno dedicato spazio a questa materia, Mark Twain, a mio parere, resta un importante riferimento.

Samuel L. Clemens (questo il suo vero nome) ha scritto quattro libri ritenuti genericamente “per ragazzi”: “Tom Sawyer”, “Le avventure di Huklberry Finn”, “Tom Sawyer Detective” e “Tom Sawyer Abroad” (gli ultimi due molto meno noti); una sorta di corsa sulle basi dell’adolescenza. In realtà si tratta di “romanzi di formazione”, cioè adatti a forgiare mente e corpo in funzione della società in cui i giovani si troveranno a vivere da adulti. Sul Grande Fiume, il Mississippi, c’è un mondo in cui diverse componenti etniche si trovano a convivere; per questo è particolarmente adatto alla voglia di avventura e allo spirito di immaginazione; soprattutto c’è aria di libertà, anticipando in un certo qual modo quegli “easy rider” che condurranno l’immaginario collettivo sulle “route” americane quasi un due secoli dopo (con la Harley ovviamente). In quel mondo ancora primitivo per molti aspetti, le difficoltà fanno parte del quotidiano e fare programmi è di per se stesso un’avventura; i ragazzi, però, vi trovano un campo d’azione illimitato. Nel 1881 esce “A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court” (“Un americano alla corte di Re Artù): la storia di un certo Hank Morgan di Hartford, cui viene fatto fare un balzo all’indietro di molti secoli e che si trova ad affrontare tutta una serie di situazioni impreviste. Hank, dopo un primo comprensibile periodo di sfasamento a Camelot e dintorni, trova la maniera di farsi apprezzare proponendo invenzioni inimmaginabili per quell’epoca, finendo così per inimicarsi Merlino. Resta colpito da un ambiente pieno di incertezze e di violenza, espressa anche nei tornei che si susseguono alla corte di Artù fra una battaglia e l’altra, per cui pensa a qualcosa in grado di appagare lo spirito di emulazione dei cavalieri senza giungere a tragiche conseguenze: il baseball. Dopo qualche allenamento con un gruppo di cavalieri accuratamente scelti, si formano le squadre delle Cotte di Maglia e delle Cotte d’Acciaio, formate ovviamente, da regali cavalieri; fra i più titolati, oltre allo stesso Artù c’è l’imperatore Lucius e il sultano di Siria, per dare anche un tocco di internazionalità al tutto. Va da sé che, oltre a un adattamento delle regole, occorre far fronte all’evidenza: i cavalieri non abbandonano mai l’armatura e fronteggiano di petto le palle lanciate e battute, che colpendole finiscono per rimbalzare lontanissime. Per cercare di tener controllata una sfida che avrebbe potuto degenerare facilmente ‒ immaginate un corridore coperto di una pesante corazza da cima a piedi che vi piomba addosso in scivolata ‒ c’era bisogno di un arbitro. Questa era stata la maggior difficoltà, poiché i primi volontari normalmente venivano abbattuti da una tremenda mazzata e portati via in barella già con la prima decisione. Alla fine Hank ne nomina uno ufficialmente: Clarence, il suo fidato allievo. C’è grande attesa ‒ si prevedono cinquantamila spettatori! ‒, ma Hank lascia a noi immaginare come è andata a finire. Mark Twain conosceva bene il baseball perché ci giocava da ragazzo e lo ha seguito da adulto. Il 18 maggio 1875, mentre assisteva all’incontro fra gli Hartford Dark Blues contro i Boston Red Stockings, poi risultati  questi vincitori per 10 a 5, prestò il suo ombrello di seta inglese a un ragazzo che voleva giocare a baseball; purtroppo il giovane si era scordato di restituirlo. “Sono disposto a pagare 5 $ se l’ombrello mi viene riportato in buone condizioni nella mia casa di Firmington avenue. Non voglio il ragazzo vivo, ma sono disponibile a pagare 200 $ per i suoi resti”. In questa sorta di “wanted” da western, ironico e satirico, si evidenzia una società in cui la giustizia è spesso sproporzionata, modello “fai da te”, visto che un biglietto allo stadio costava 5 cent. Nel 1877 Mark, almeno in una occasione, fece l’arbitro, esperienza che ha ripreso nel suo romanzo arturiano; alla fine dello stesso anno, però, il suo amore per il baseball prese un duro colpo, tale da fargli abbandonare gli stadi. Uno scandalo legato alle scommesse aveva coinvolto Lousiville, St. Louis e Hartford (queste ultime due squadre si sarebbero sciolte a fine stagione) mettendo in grave crisi la National League. Mark Twain non è il solo a inserire il vecchio gioco in epoca medievale; in qualche modo, perfino Robin Hood è stato coinvolto. “Robin e Mariam” è un film del 1978 di Richard Lester con Sean Connery e Audrey Hepburn. Poco prima del duello finale, vi è una scena in cui, in primo piano, lo sceriffo di Nottingham si consulta con Sir Ranulf, mentre sullo sfondo alcuni soldati praticano una sorta di “tossed ball”. Anche se si tratta di una semplice coincidenza, resta evidente che battere una palla lanciata per essere battuta con una mazza resta un gioco di antiche origini; rappresentarlo diventa naturale. Come ci ricorda Babe Ruth, un discolo che sarebbe piaciuto tanto a Mark Twain, il baseball è un gioco che ci prepara alla vita, quella che ogni giorno ci fa domande, cui anche una buona lettura può aiutare a dare risposte. 

Giuliano Masola, 10 dicembre 2020