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Le suore salveranno il “batti&corri”?

di Giuliano Masola. Alcuni giorni fa ho pubblicato una immagine del 1971, in cui una suora che consegna una mazza a una giovane giocatrice. Suor Angiola era una grande amante del softball e allenava le ragazze dell’Arcella di Padova, che in quell’anno sono arrivate a un soffio dallo scudetto. È giunto subito un commento: “Per certi versi è anche attuale, al baseball nostrano non rimane che rivolgersi al Padre Eterno, magari riesce a riesumare uno sport sepolto, in tal senso le suore possono rappresentare un’idea interessante”.

Mi pare sintomatico di una situazione che si potrebbe definire incresciosa, il risultato di troppi anni di una carenza organizzativa e progettuale di cui vediamo le conseguenze. Chi ha fede, però, sa che accadano miracoli; purtroppo di fedeli nelle patrie “baseball cathedrals” non se ne vedono tanti ‒ un po’ come i preti sembra una razza in via di estinzione. I miracoli non avvengono tutti i giorni, ma può sempre capitare qualche simpatico imprevisto che può sollevare lo spirito. Alla mia età si comincia a pensare al “dopo”, per cui è bene fare qualche assicurazione, magari passando qualche anno in un monastero dove il vecchio gioco è di casa. Di conseguenza ho cercato qualche lettura che rafforzasse la mia povera fede. Mi sono rifugiato in una biblioteca saveriana in cui il silenzio regna sovrano e dove sono costantemente esposte le opere più recenti a rotazione: sono stato attratto dal titolo di un libro, “Anche Dio ride”, di James Martin. Il gesuita, per far comprendere quanto una buona e sana risata possa far bene alla salute dell’anima, riporta una storiella. Un gruppo di suore di clausura riceve un regalo speciale: biglietti gratis per una partita di baseball. La madre superiora concede loro il permesso per andarci e svagarsi: un’occasione unica. Si siedono tutte insieme in una lunga fila e comprano bibite, hotdog e popcorn, cappellini e trombette. Ci vuole poco perché comincino a divertirsi, facendo un bel po’ di fracasso. Alle loro spalle siedono tre tifosi sfegatati, infastiditi da queste suore incontenibili. Uno di loro dice abbastanza forte perché le suore lo possano sentire:”Questo è assurdo! Mi sposto qualche fila più in basso, dove ci sono probabilmente solo dieci suore! Forse riesco a vedere la partita in santa pace!” Le suore imbarazzate si zittiscono. Ma basta qualche minuto e sono di nuovo al settimo cielo, e come se la spassano! Il secondo ultrà dice: ”Mi sposto nei posti più costosi. Là ci sono solo cinque suore! Le suore imbarazzate si zittiscono di nuovo, ma solo per poco. Infine il terzo ultrà dice arrabbiato: ”Mi sposto in tribuna! Là probabilmente ci sono solo due suore!”. Una suora si gira e dice:”Perché non vai all’inferno? Là di suore non ce n’è neanche una!”. Nessuno si aspetterebbe un grande umorismo da un religioso o taglienti battute delle suore di clausura, ma come “quanno ce vo ce vo”. Il numero di ordini religiosi femminili costituisce un mistero insoluto; ora rappresentano una realtà poco appariscente, ma fino ad alcuni decenni fa, le suore svolgevano un ruolo importante, soprattutto nell’ambito dell’educazione giovanile e dell’assistenza ospedaliera. Ciò che ci riguarda da vicino è la presenza di religiose nel batti&corri. Oltre alla citata suor Angiola, c’è suor Valeria Schettin, classe 1951, prima terzabase del Caronno e poi fondatrice del Saronno softball. In una intervista in internet, si può ancora vedere la sua padronanza dei fondamentali, nonostante il passare del tempo: la classe non è acqua. Un caso particolare è quello di Maria Soldi: negli anni ’70 lascia il softball per entrare in convento; ora opera al Cottolengo di Torino in una partita quanto mai impegnativa. Probabilmente di esempi ce ne sono altri. Da noi la probabilità che una suora lanci la prima palla di una partita di campionato è pressoché nulla; dall’altra parte dell’Oceano le cose sono diverse. A Mary Jo Sobieck della Marian Catholic High School (periferia di Chicago) è stato concesso questo onore nel 2008, in una partita fra i White Sox e i Kansas City Royals. Per nulla emozionata, ha lanciato un perfetto strike lasciando tutti di stucco; così è stata la prima suora ad apparire fra i “bobblehead” (pupazzetti con la testa dondolante) e in una figurina della Topps. Si dice che il baseball sia una religione; di conseguenza, dovremmo chiederci se c’è qualche suora che ci può dare una mano, fare un bagno di umiltà, e riscoprire un po’ di quel sano umorismo che non fa male, ma che fa riflettere, e. Infatti, il lavoro di ricostruzione che abbiamo davanti è grande, per cui i sacrifici saranno notevoli e i risultati non si potranno cogliere in tempi brevi. In questa sorta di campionato preparazione e visione, anche dal punto di vista organizzativo sono fondamentali, per cui dobbiamo essere pronti a farlo. Come James Martin ha concluso, “Un modo per prepararsi a qualcosa è ‘farla’. Ti prepari a giocare in un campionato giovanile di baseball esercitandoti a lanciare, a battere e giocare in difesa”. E poiché un sorriso aiuta più di un’arrabbiatura, potremmo farci raccontare delle storielle dal convento.

Giuliano Masola, 19 ottobre 2020.