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Il nido del cuculo

di Giuliano Masola.“Three geese in a flock, one flew East, one flew West, one flew over the cuckoo’s nest” (“Uno stormo di tre oche, una volò ad est, una volò ad ovest, una volò sul nido del cuculo”). Immagino che tanti ricorderanno il film di Miloš Forman uscito nel 1975 che insieme a “Accadde una notte” di Frank Capra e “Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme ha fatto epoca, affrontando i gravi problemi dei ricoverati negli istituti psichiatrici, in particolare. Il nido del cuculo per gli americani è sinonimo di manicomio, un ambiente dove il carcerato Randle Patrick McMurphy (Jack Nicholson) per sfuggire alla prigione finge di essere pazzo.

Nella sua sfida a chi comanda cerca di coinvolgere altri pazienti, alcuni dei quali fingono quanto lui di essere pazzi. In ogni modo cerca di non obbedire agli ordini, di contestare il regolamento interno. Per esempio, visto che viene impedito di vedere una partita di baseball, prima tenta inutilmente di sfondare una finestra con un lavabo che resiste ai suoi sforzi, poi si inventa radiocronista descrivendo la fantomatica gara azione per azione. Chi ne sa più di me ha spiegato che le uova del cuculo sono gli emarginati, quelli che la società non vorrebbe nemmeno vedere. Si tratta di un film che mette in discussione il rapporto stesso fra le persone, fra gli individui, finendo per dimostrare che una qualche forma di associazione può esistere in ambienti estremi. Purtroppo, ci stiamo accorgendo di una costante crescita di quella violenza  che separa, “razzifica”; in ultima analisi è l’espressione più cruda dell’egoismo. È proprio su questo punto che vorrei accendere i riflettori. Le situazione critiche, proprio perché tali, possono portare all’idea che la miglior democrazia è quella in cui uno comanda e gli altri obbediscono. Se ci si pensa, è proprio quella del CONI e dei suoi derivati. Cosa può essere messo in discussione di fronte al fatto che “io sono l’unico responsabile civile e penale”? Potremmo aggiungere “di che?”. Nel 1970, il Montanara si trovò ad affrontare il campionato di Serie con l’obbligo della “under 18”, appena promossa. Per chi aveva come unico sponsor i proventi da lavoro o i soldi dei genitori ciò costituiva un sesto grado più che superiore. Per dare un esempio, nello stesso giorno una squadra poteva essere a Trieste e l’altra a Torino. Non si riusciva a vincere una partita e il bilancio era più che in rosso. Gli incontr dovevano essere confermate per campo e orario 72 ore prima dalla società ospitante. Una volta, ci trovammo nella situazione che questo benedetto telegramma non arrivò e scrivemmo a nostra volta che non ci saremmo presentati. La mannaia federale, rappresentata da un ex arbitro di Milano (non voglio fare nomi, ma chi c’era se lo ricorda) colpì duramente: 300 mila lire di multa e due giornate di squalifica del campo. Perfetto. I soldi non li avevamo proprio (il costo era equivalente a tre trasferte in pullman); per il campo il problema era minore. Ovviamente non piegammo la testa per cui Aldo Nortari (allora vice presidente, se non sbaglio) si presentò nella nostra sede nel quartiere (l’allora Centro Sociale) per cercare una soluzione. Non fu tutto rose e fiori, ma il Comune si accollò la spesa non facendoci pagare il corrispondente per l’uso del campo, mentre la squalifica restò. Finimmo il campionato, in modo algebrico: -1. Ora, qualche settimana fa una società è stata multata per 10 mila euro. Sinceramente credo che non li pagherà mai; anzi, sono convinto che ricorrendo al TAR probabilmente verrebbe assolta. In questo caso, però, c’è un’altra possibilità, il “do ut des”: in qualche modo ti riduco/azzero la multa e in cambio ti assicuro un certo numero di voti. Ovviamente il mio è fantabaseball, ma credo di non essere troppo lontano dalla realtà. Troppe volte ho visto consiglieri federali e dirigenti di squadre blasonate squalificati per mesi e, improvvisamente graziati. Stranamente poi alle elezioni hanno appoggiato chi di dovere. Le uova, per così dire, si sono aperte e i nuovi cuculi hanno potuto nutrirsi e spiccare il volo a spese di altri. Se ci pensate bene ogni giorno e in qualsiasi ambiente, si inventano nuove regole, perfino per facilitarle. Parlare di bizantinismo oggi è fare torto ai Romani della Pars Orientalis: li abbiamo largamente battuti poiché mentre loro hanno fatto restare in piedi un impero per oltre mille anni, noi abbiamo il problema delle elezioni di domani. Certo il tempo passa e non mi aiuta, ma come sostengo spesso, posso arrivare ancora benissimo in prima anticipando molti giovani. È per questo che non dobbiamo smettere di porre domande e di discutere in modo costruttivo. Purtroppo, è inutile fingere, il reggitore ha spesso la tendenza a sentirsi offeso, a pensare che tutti i suo sforzi ‒ di comandare ‒ non siano compresi… Sigh… Cerchiamo invece di metter nel tappeto idee e progetti, piantandola di essere dei meri esecutori. La nostra deve essere una mentalità innovativa e vincente, ricordandoci che al primo posto non ci sono le multe, ma i giovani da trovare e far crescere. Alla fin fine, “Non mi piace affatto l’idea d’ingoiare qualcosa quando non so che roba è!”.
Giuliano Masola, 17 settembre 2020