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Un giorno di mezza estate

di Giuliano Masola. Ci sono tanti modi per cominciare la giornata, uno è quello di ascoltare le ultime notizie, normalmente non belle, se non inquietanti. L’altra è quella di guardarsi i risultati delle partite di Major League; un’altra ancora può essere quella di leggersi le ultime dallo spazio. Insomma, la giornata può anche cominciare bene, non tanto distogliendo l’attenzione da quanto ci accade intorno e che ci costringe a pensare ogni giorno di più alla nostra fragilità umana, quanto per iniziare con qualcosa di positivo.

Così ci può far felici vedere Adrian Beltre che batte la sua tremillesima battuta valida mentre si celebrava il 40° anniversario del lancio del primo dei due Voyager, che ha superando ogni limite del nostro sistema Solare e si sta dirigendo verso le stelle. Non solo, poiché a ciò si potrebbe aggiungere anche la prima vittoria della Germal alla Coppa dei Campioni nel 1977. Un bel “Play ball!” è sempre confortante, anche se fa caldo e le zanzare sono instancabilmente all’opera. Siamo a metà estate e molti giochi sono ormai fatti. Ancor prima dei riti di Ferragosto, il pensiero corre alla prossima stagione: non si è ancora finito di distribuire divise che è già ora di raccoglierle e riassegnarle. Dirigenti e allenatori cominciano a confrontarsi e si spera che i giorni di vacanza possano essere forieri di incontri con qualche potenziale sponsor (magari fosse quello che ci passa davanti con lo yacht mentre noi stiamo quasi rannicchiati sotto l’ombrellone…), Sappiamo da Shakespeare, però, che i sogni di mezza estate sono particolari e che gli spiritelli della notte non ci lasciano in pace. Visto che non si riesce tanto a dormire, lasciamo che la nostra mente scorri e recuperi qualche immagine, possibilmente bella. Ci si trova così sul lieve confine che sta fra la realtà e la fantasia, il sogno, in un punto dove non ti raccapezzi più e ti abbandoni. In questo stato degno di Siddharta, una bella immagine è quella che mi viene dal “Summer camp” che da diversi anni viene organizzato da Paolo Zbogar; quest’anno si è svolto a Sala Baganza e si è concluso una decina di giorni fa. Un elemento che lo distingue è la presenza di un arbitro per spiegare qualche regola, ma soprattutto dare spazio a domande e curiosità. Da anni partecipo ben volentieri a questa iniziativa, che penso sia unica, e ogni volta scopro sempre di più il bisogno di parlare con qualcuno. In genere, spiegare regole non è mai facile, anche perché le domande spesso si riferiscono a episodi particolari, ma a tutto occorre dare una risposta, non avendo vergogna di dare una occhiata al regolamento davanti al gruppo. Visto quanto succede in campo, quest’anno ho puntato molto sul tema sicurezza. I ragazzi, soprattutto quelli che hanno appena iniziato, non sanno come muoversi, correndo dei rischi. Attraversare il piatto quando si va in battuta, restare nel box con la mazza in mano mentre ci sono corridori in arrivo a casa base, correre verso la prima base all’interno del campo, magari senza abbandonare la mazza e simili, sono elementi di rischio, anche elevato. Nei vecchi, ma non completamente superati manuali per istruttori, una delle prime cose legate alla sicurezza dei giocatori riguardava l’evitare di essere colpiti da un lancio quando si è nel box di battuta. Sfido chiunque a vedere qualcuno che ha un minimo di tecnica in questo senso. Anzi, spesso i bambini e le bambine, girano intuitivamente la mazza per difendersi finiscono per essere colpiti; oltre a farsi male, se si tratta del terzo strike, vanno pure al piatto. L’anno scorso, purtroppo, una bambina di Bologna si è addirittura si è fratturata il braccio. Confesso che per me è sempre difficile eliminare un bambino perché ha sventolato la mazza e si è fatto male (penso che sia una regola che varrebbe la pena di rivedere, ma non credo di avere molti seguaci in questa iniziativa). Ciò che pure è più sconfortante è vedere gli stessi giovani e giovanissimi uscire dal box quasi a ogni lancio per ricevere segnali, ragazzi non ancora dodicenni che lanciano curve, chiamate di giochi che si fanno si e no ai massimi livelli, ecc. Il tutto in mezzo a difensori che stanno coi piedi ben piantati sul sacchetto, mentre gli avversari corrono, e scivolate inventate all’ultimo momento. Ritengo che la sicurezza sia fondamentale, che sia una parte integrante dell’insegnamento, che venga ancor prima del gioco. Spesso le nostre regole vengono da Oltreoceano, sulla scorta di episodi concreti; raramente abbiamo nostre iniziative. Tempo fa ho cercato di proporre alcune cose, ma si sa che chi è preposto al pensatoio e non deve essere disturbato (intanto che scrivo, mi viene in mente un verso del Giusti: “Che fa il nesci Eccellenza?”); oltre a ciò, chi c’era prima non ha capito niente, di solito. Certamente essere contemporaneamente un arbitro e un istruttore (o meglio, un istruttore prestato agli arbitri) mi pone in una condizione particolare, per cui ci sono allenatori che male tollerano certe mie iniziative, o accolgono i suggerimenti quasi con ostilità, mi vien da dire, ma fortunatamente sono una minoranza. Così, se vedo che c’è un bambino che rischia di essere travolto da un compagno in corsa verso il piatto, quasi automaticamente lo sollevo e lo porto via di sana pianta (una cosa simile è successa nelle World Series alcuni anni fa, anche se lì è stato il battitore successivo a portar via il nipotino del manager che era corso a raccogliere la mazza). Di conseguenza, credo che sia importante che giocatori e arbitri trovino occasioni di incontro, di scambio; vi assicuro che alla fine ho imparato più io da loro che loro da me. I ragazzi hanno buona memoria, anche se spesso li vediamo quasi indifferenti, recepiscono molto più rapidamente di quanto pensiamo; lo fanno in modo diverso, nel modo che la loro età e il loro sviluppo consentono, ma lo fanno. Ora devo lasciarvi, devo difendermi da Puck, lo spiritello che non mi vuol far svegliare, ma neanche dormire… Se lo acchiappo…

 

Giuliano Masola, 1° agosto 2017.