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Bomber

di Giuliano Masola. È il nomignolo attribuito a chi “spacca la palla”, a chi fa la differenza in battuta; uno con la mazza particolarmente pesante (una vecchia CCM, o Adironack 36, ad esempio), insomma. A un battitore del genere non si chiedono smorzate, ma “cannellate”: la palla deve andare lontano, scavalcare gli esterni, superare la recinzione. Un bomber vero è selettivo: sa quale è il suo lancio. Norberto “Bob” Roman, che faticava sulle curve, diceva che almeno un lancio dritto arriva, e allora “boom!”. Purtroppo bomber ha un altro significato, quello di bombardiere, cioè di chi sgancia bombe. Molti sono stati i giocatori di baseball americani che hanno combattuto; uno dei più noti è Ted Williams, pilota della Marina americana, che partecipò anche alla guerra di Corea. Durante la II Guerra mondiale, mia madre abitava al Convento (abbazia di S. Martino de’ Bocci, Valserena, da non confondersi con la Certosa). Le notti era segnate dal passaggio di “Pippo”, che lanciava soprattutto bengala e spezzoni. “Pippo” fungeva da ricognitore, un po’ da primo in battuta, se vogliamo; i bomber arrivavano dopo. Nel 1944 Parma subisce diversi bombardamenti: in poche settimane, se ne registrano quattro: 23 e 25 aprile, 2 e 13 maggio.  Il primo bombardamento è della RAF (Royal Air Force), mentre gli altri tre sono della Fifteeth Air Force americana. Diverse zone della città sono colpite e devastate, soprattutto nell’area che va dalla Ghiaia alla Stazione ferroviaria. Tutti hanno presenti le immagini della Pilotta, del Teatro Farnese  e del Reinach distrutti, assieme ad altri importanti edifici. Si salvarono miracolosamente la Steccata, il Duomo e il Battistero. E il Tardini. È difficile stabilire i motivi del mancato bombardamento dello stadio, che si trova poco lontano dalla Cittadella, allora sede della Scuola di Applicazione, e limitrofo ad altre aree di interesse militare. Per cercare una spiegazione possiamo avvalerci sia delle riprese aeree che delle normali carte turistiche.

L’area che ospita il Tardini ha una forma particolare che ai più non suscita particolare interesse, ma appare molto chiara per chi ama il Baseball, poiché assomiglia proprio a un campo per il batti&corri. I giovani americani, di cui facevano parte anche figli di nostri emigranti, a un primo sguardo non vedevano in realtà un campo di calcio, di cui al tempo sapevano ben poco, ma uno stadio da baseball,  una visione familiare come quella dello Yankee Stadium di New York, del Fenway Park di Boston o del Wriglwy Field di Chicago. Per i giovani yankee, bombardare un campo da baseball che senso avrebbe avuto? Lo sport è una cosa, la guerra un’altra: sganciare bombe sul Tardini sarebbe stato come distruggere il campo dietro casa. La guerra cessa lasciando uno strascico di distruzione, ma anche una gran voglia di ricostruire, di migliorare, anche come impianti sportivi. Parma, che ha mosso i primi passi nel baseball nel 1949, ha dovuto aspettare anni prima di avere un proprio campo in Viale Piacenza. All’inizio, si è giocato in Cittadella, o nella migliore delle occasioni, al Tardini. Gli anni di crescita e di gloria sono sempre brevi; basta poco per passare, come si dice, “dalle stelle alle stalle”. Finita l’epopea di Viale Piacenza – cui molti di noi hanno lasciato il cuore – ci si è ritrovati al Quadrifoglio; in un campo di recupero, possiamo dire, stante i problemi che la struttura continua a presentare.  Il Tardini, invece, non si tocca, nonostante progetti di delocalizzazione risalgano ai primi anni Cinquanta. Pur con l’amaro in bocca, bisogna arrendersi all’evidenza, anche perché il pallone può contribuire a vincere le elezioni (il baseball… te lo raccomando!). Il futuro, in particolare per gli impianti del nostro amato sport, non prevede nulla di roseo; anzi,ci sarà da tribolare per difendere l’esistente. L’illusione di essere e restare uno sport protagonista a Parma è durata poco, troppo poco. Anche in questo caso hanno prevalso piccole politiche societarie e rivalità personali, prese di posizione discutibili, per quanto comprensibili. Un esempio è l’illuminazione. Esistono campi provvisti di luci, che però non si accendono mai. Ciò costringe a svolgere tutta l’attività nelle ore di luce solare, mettendo in crisi, ad esempio, la presenza di arbitri e causando sospensione di partite per oscurità, con relative difficoltà del recupero, visto i calendari congestionati. Ma va bene così: vale la pena di “buttar soldi” per una partita di ragazzi o di Under 18? Se non c’è l’arbito, in qualche modo si fa. Ci si continua a interrogare su tante cose, senza considerare che ciò che sta avvenendo ha origini lontane, che occorre tenere conto della realtà. Attualmente, pensare al ritorno del baseball a Parma in grande stile penso sia utopistico. Ci sono però delle belle realtà, soprattutto, a mio parere, una seria presa di coscienza dei limiti. Ciò, però, non deve comportare un atteggiamento di rinuncia: o si cresce, anche in misura minima, o si finisce per scomparire. Certo, avere qualche bomber in più non farebbe male, ma dove lo troviamo? Giuliano Masola, 28 giugno 2017.