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Ejected!

Fuori!

Giuliano Masola. “Fuori””, buttato fuori: una parola accompagnata da un chiaro gesto dell’arbitro che indica la via dello spogliatoio. In genere se la sentono dire gli allenatori che contestano un po’ troppo platealmente, dirigenti che non riescono a mantenere la calma, giocatori che si sentono defraudati da una chiamata che non è a loro favore, e così via. Coi più piccoli i casi sono molto rari; spesso il loro stesso allenatore si incarica di riportare il giovane sulla retta via. In un mondo sempre più variegato e sorprendente, però c’è da aspettarsi di tutto. Tanti anni fa, ai tempi della gloriosa UPCC, ero un ufficiale di gara per cui non potevo fare il manager della , per cui Gianluca, il figlio tredicenne del caro Corino Catellani, uno di quelli che ha dato tanto e di cui nessuno si ricorda più (abbiamo dato l’esame da scorer insieme nel 1966, sotto la guida del maestro Giorgio Zanichelli), fungeva da allenatore.

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Una vecchia pallina

di Giuliano Masola. Qualche settimana fa, gironzolavo dietro la recinzione del campo per ragazzi di Collecchio. Fra l’erba appena falciata ho visto una pallina, per più di metà scucita e con la pelle rinsecchita; una di quelle che tanti anni prima sarebbe stata subito recuperata e amorosamente rimessa in campo almeno per gli allenamenti. L’ho fotografata, lasciandola però al suo posto, quasi fosse un reperto archeologico. Quando afferri una pallina e la guardi, qualche riflessione ti viene sempre da fare. L’estate, oltre che del baseball, è il tempo delle divagazioni, quello dei cruciverba e dei meriggi in cui domina il torpore. La mente corre e vola qua e là, come una farfalla indecisa. È anche un buon momento per leggere. Uno degli scrittori che mi permetto di suggerire è Don De Lillo, nato nel 1936 da una famiglia di emigranti molisani. Come tanti altri scrittori del secolo scorso ‒ e giocatori del calibro di Joe Di Maggio ‒ ha dimostrato quanto un figlio di immigrati finisca per incarnare il sogno americano. Probabilmente il suo miglior libro, pubblicato in Italia nel 1999, è “Underworld”, letteralmente il mondo che sta sotto, che non si vede. Il titolo richiama “I sotterranei”, pubblicato nel 1958, di una delle icone della beat generation: John Kerouc. La storia narrata da De Lillo prende mosse da un fatto noto a tutti i cultori del baseball. Il 3 ottobre 1951, un ragazzino di colore riesce a entrare di nascosto al Polo Grounds, mentre in cui i New York Giants (ora a San Francisco)  giocano contro i Brooklyn Dodgers (ora a Los Angeles). Nel nono inning, Bobby Thomson, battitore destinato a passare alla storia, realizza un memorabile fuoricampo ‒ “the shot heard round the world” ‒, dando la vittoria ai Giants, che vincendo per 5 a 4, conquistano così il campionato. In realtà nessuno sa che fine abbia fatto la pallina colpita da Thomson, ma nel romanzo un ragazzino di colore, entrato di nascosto allo stadio,  riesce a impadronirsi del prezioso cimelio. Purtroppo, non potrà tenerlo per sé, poiché gli verrà sottratto dal padre, per venderlo a poco più di 32$. «La palla non portava né fortuna né sfortuna. Era un oggetto che passava di mano. Ma spingeva la gente a raccontargli cose, confidargli segreti di famiglia e storie personali inconfessabili, a singhiozzare di cuore sulla sua spalla.

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Un piccolo grande passo

Di Giuliano Masola. “È un piccolo passo per l’Uomo, ma un grande balzo per l’Umanità”. Sono passati cinquant’anni da quando Neil Armstrong pronunciò questa frase destinata a diventare storica. È bello pensare alla sua spontaneità, alla sua commozione per una impresa che sembrava quasi impossibile. Erano trascorsi solo dodici anni da quando una piccola sfera era stata lanciata in orbita dai Russi: lo Sputnik ‒ la Stella.

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“Quarto ball!”

di Guliano Masola. Nel 1983, usciva una raccolta di fumetti di Charlie Brown, in cui campeggia, in copertina, “Quarta palla!”. Purtroppo, per lungo tempo, le case editrici, così come quelle cinematografiche, non hanno avuto dei traduttori esperti del “vecchio gioco”, contribuendo a renderlo ancora meno accattivante al grande pubblico. Un esempio è “Talent of the game” (1992), film in cui uno scout va alla ricerca di un giovane promettente lanciatore, tradotto come “Terza base”. Come si dice, l’importante è che se ne parli. Il baseball, o ancor meglio il mondo di Charlie Brown e soci mettono in luce tutti quegli aspetti che da adulti spesso perdiamo e talvolta rimpiangiamo: la capacità di stare insieme, di prendere i nostri sbagli e le nostre mancanze con un sorriso.

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Aut…ismo

di Giuliano Masola. Ci sono dei giorni in cui capitano avvenimenti dello stesso segno; in questo caso riguardano l’approccio con chi è affetto da problemi fisici e mentali. Frank Nappi, il cui cognome tradisce una origine italiana, ha pubblicato una trilogia sul baseball: “The legend of Mark Tussler”, “Sophomore campaign” e “Welcome to the Show”. Dal primo è stato tratto un film dallo stesso titolo nel 2011. In linea generale il copione, non del tutto nuovo, è quello della ricerca di un talento per rinforzare una squadra in crisi, in uno sperduto paese dell’Indiana in questo caso. Arthur, manager dei River Rats, sbadatamente uscito di strada con l’auto, ha un incontro fortuito con il diciottenne Mickey Tussler, che vive in una fattoria con il padre, particolarmente protettivo e severo col figlio, e la madre. Mentre telefona per avere soccorso, Art, vede Mickey lanciare mele in una vecchia tinozza appoggiata a un albero con una precisione e velocità sorprendenti: il risultato andrà in pasto ai maiali, in particolare a un maialino, che il giovane porta sempre con sé. Il manager ottiene dal padre, non senza fatica, che Mickey faccia un provino con i Rats, nonostante il ragazzo sia affetto dalla sindrome di Asperger, una forma di autismo non grave in cui chi ne è colpito tende a isolarsi e ad essere ripetitivo nei comportamenti. Come nelle più classiche storie a lieto fine, Mickey porterà la sua squadra alle finali, nonostante il tentativo di un suo compagno ‒ “Lefty”, lanciatore titolare ‒ che si era visto spodestato, di impedirgli di giocare, facendolo pestare violentemente da alcuni suoi compari durante una festa. L’abilità del manager e la comprensione dei compagni di squadra ottengono il vero risultato: la possibilità di superare situazioni che altrimenti avrebbero portato all’aggravarsi della malattia.

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