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Toh… Ti invento l’arbitro!

di Giuliano Masola. Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di arbitrare un incontro di baseball internazionale. Pur trattandosi di un’amichevole fra squadre giovanili, mi sentivo un po’ in tensione. A mezza estate il numero di arbitri disponibile, già nettamente inferiore alle necessità, si riduce ulteriormente a causa dei tornei, così, appena arrivato da una breve vacanza in Calabria, mi sono presentato. Nonostante i contatti col baseball d’Oltreoceano esistano da sempre, probabilmente non abbiamo mai capito bene quanto siano importanti i simboli e il modo di approcciare le situazioni. Le squadre che giungono da noi si presentano sempre in campo con la divisa del loro paese (“USA”, “Cuba”, ecc). Oltre a ciò, la presenza della bandiera e l’inno nazionale sono fuori discussione. Per noi non è proprio così. In un paese come gli Stati Uniti ‒ risultato di genti di tutto il mondo ‒ il collante è rappresentato dalla Costruzione e dalla Bandiera a stelle e strisce. A ciò va aggiunta una visione che potremmo definire spettacolare (“business is business”), anche nello sport. Nell’ottica di assicurare il miglior equilibrio possibile, le partite devono avere una copertura arbitrale tale da offrire sicurezza nei giudizi. Sabato pomeriggio, poco prima dell’incontro, mi sono recato dal manager della squadra americana, con l’allenatore della squadra ospitante per presentarmi e prendere accordi sulle regole. A un certo punto mi chiede: “È solo?”. Rispondo di si, per me è una cosa ovvia, per cui non ci penso più. Dopo pochi minuti, però, il problema rispunta, poiché arriva la richiesta di avere un arbitro anche in base. Dopo un breve colloquio, si decide di metter in campo un americano che era in tribuna, probabilmente il padre di uno dei giocatori. Per molti anni nel regolamento è stato previsto che, in mancanza dell’arbitro, si scegliesse fra il pubblico una persona ritenuta competente e imparziale, per cui non ho fatto abiezioni: era una buona occasione per rendere l’incontro internazionale a tutti gli effetti. Come nei classici western, gli ho affibbiato la stella di vicesceriffo, pardon, di arbitro di base. Leggi tutto “Toh… Ti invento l’arbitro!”

4 luglio 1918, la “partita del Re”

di Giuliano Masola. Ci sono dei momenti, anche durante la guerra, in cui gli uomini si rendono conto di essere tali, riuscendo a passare dallo scontro all’incontro, magari attraverso lo sport. “La partita di Natale” del 1914 ha dell’incredibile. In una località delle Fiandre, alle primi luci dell’alba del 25 Dicembre la Terra di Nessuno ‒ 50 metri di terreno che dividevano le trincee inglesi e tedesche ‒ era sgombra; i cadaveri che fino alla sera prima giacevano senza nessuna sepoltura, non c’erano più. Dall’altro lato del fronte, sul bordo dei fossati in cui i soldati del kaiser si nascondevano, iniziarono ad apparire, una alla volta, delle fioche fiammelle, che in quella mattina senza sole e senza vento iniziarono a brillare. I tedeschi continuarono ad accendere candele, e alcuni andarono ad addobbare gli alberi intorno. Poi, una voce intonò una melodia e subito molte altre la seguirono: I tedeschi cantavano una canzone di Natale. Gli inglesi, deposte le armi, toltisi gli elmetti e alzatisi in piedi, risposero a quel canto ben noto a tutti: Stille Nacht, Silent Night. Leggi tutto “4 luglio 1918, la “partita del Re””

Arbitri alla carbonara

di Giuliano Masola. Fra un esame e l’altro, per circa un anno e mezzo ho fatto un po’ di consulenza in una scuola internazionale di alta cucina e ho avuto l’onore di trovarmi fra i più grandi chef. Ho dovuto però fare salti mortali per reperire migliaia di ingredienti e far comprendere che dietro quei piatti raffinati, talvolta con foglie d’oro, c’erano altissimi costi. Di cucina vera e propria non ho imparato quasi nulla e faccio ancora fatica a usare le posate in modo corretto: meglio lasciare ai maestri il compito di far brillare gli occhi, oltre che di soddisfare il gusto. In una cucina l’organizzazione è militaresca: non per nulla i componenti costituiscono una brigata. La parola dello chef non può essere messa in discussione e le mansioni sono suddivise per specifiche competenze e grado di difficoltà. Per la riuscita di un piatto, in particolare di “haute cuisine”, materie prime, manualità e inventiva sono fondamentali. Per diventare veramente bravi servono anni di duro lavoro e preparazione, poiché la concorrenza è sempre più agguerrita e i clienti sono certamente più attenti e maggiormente consapevoli di un tempo. Come nel baseball, anche i più dotati devono lavorare duro, con pazienza e umiltà. Prendendo spunto da ciò, con un amico che per ragioni professionali frequenta ristoranti di alto livello per cui deve mantenere l’anonimato, si è pensato a un primo piatto, legato al nostro gioco: Leggi tutto “Arbitri alla carbonara”

   SOLLEONE

 di Giuliano Masola. In Oriente si racconta di una leonessa, che saltando fra un’altura e l’altra, partorì un cucciolo, che però cadde nella strada sottostante, dove c’era un gregge di pecore. Questi docili animali non si pongono tante domande, per cui accolgono chiunque. Così il leoncello fu allevato, brucando erba. Un giorno, casualmente, un vecchio leone intravide la figura di un suo giovane simile fra la pecore: non poteva essere! Fece di tutto per far comprendere all’ovino di adozione la sua vera identità; alla fine ci riuscì ‒ che avrebbe potuto fare chi si credeva un agnello contro un leone? ‒ Rispecchiandosi in uno stagno il leoncello capì la sua vera natura ed emise un tremendo ruggito: da umile che era, comprese tutta la potenza che aveva in sé, ribadendo il proprio ruolo. Non è dato sapere se, dopo la riconquistata identità, fece fuori il gregge, ma le favole, si sa, devono avere un lieto fine. Magari! Sappiamo, infatti, che la realtà supera la fantasia. In questi giorni stanno circolando voci che danno  più che da pensare, molto allineate a ciò che viene urlato ai più alti livelli, in ambiti di responsabilità in cui l’intelligenza pare evaporata. Un re mira a ingrandire il proprio regno; se possibile diventa imperatore. Leggi tutto ”   SOLLEONE”

A chi mi vuole bene e a chi no

di Giuliano Masola. Nei giorni scorsi, per cercare di sopperire per quanto possibile a una situazione che sta diventando più che imbarazzante, ho arbitrato quattro partite di ragazze in una sola giornata, Non è la prima volta che mi capita una cosa del genere, ma fino ad ora ciò si era limitato ai tornei. Anche quest’anno le squadre stanno sopportando le mie manchevolezze direi, salvo qualche raro caso, con grande rispetto. Certo, non avendo alternative ‒ nella nostra zona, se va bene, viene coperta forse meno della metà delle gare ‒ si beve da botte. Alcuni mi chiedono come faccio: semplice, mia moglie mi tiene sotto controllo per quanto riguarda la dieta, in particolare, e, soprattutto la mia semplice filosofia è che coi giovani si resta giovane, sui campi da baseball come all’università. Un motivo in più per continuare d arbitrare è che esistono persone meravigliose, nonostante l’abbruttimento sociale imperante. Domenica, sono successe almeno un paio di cose che mi hanno commosso. A metà circa della terza partita, nell’intervallo fra un inning e l’altro, mi sento chiamare e vedo una signora che scende di corsa la scala del bar nei pressi per porgermi qualche cubetto di ghiaccio. Purtroppo, il passaggio attraverso al rete ne ha fatto cadere un paio, ma uno è rimasto: me lo sono strofinato dietro il collo, per qualche istante, poi ho dovuto riprendere la partita. Non è stato l’unico fatto: ìncredibilmente, in quella gara c’è stato qualcosa di magico e, ripensandoci, beneaugurante. Chi stava nelle tribunette, qualche fortunato anche all’ombra, si rendeva conto che in campo si poteva essere stanchi, soprattutto sotto un sole martellante. “Ma non ha paura di star male?”. (Già questa attenzione aiuta). A quel punto, una signora interviene: “Sa che mi piacerebbe provare a fare l’arbitro… l’anno prossimo”. Leggi tutto “A chi mi vuole bene e a chi no”