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Stiamo perdendo un’occasione?

di Giuliano Masola. I mesi scorrono nella trepidante attesa di superare questa crisi che pare interminabile. Una pandemia che rischia di essere più letale per la mente che per il corpo. Personalmente ho diverse perplessità o ancor meglio dubbi su quanto ci attende. Si dice che la peggior sconfitta di un rivoluzionario sia quella della vittoria della rivoluzione; pare un controsenso, ma i fatti storici tendono ad avvalorarlo.

Ormai è trascorso un anno dall’inizio del “lock down”, dall’introduzione di una libertà vigilata e sempre più regolamentata; purtroppo ci vorranno ancora diversi mesi per ritornare a uno situazione precedente il febbraio 2020. “Health first!” è stato uno slogan che non tutti hanno accolto e quando lo hanno tardivamente fatto, come si dice, i buoi erano già scappati dalla stalla. Stiamo assistendo a ciò che avviene sul piano politico, in particolare negli Stati Uniti e in Italia e questo dovrebbe far meditare anche l’ambito sportivo. Personalmente credo che per il nostro sport sia stato un anno perso, non tanto perché si è potuta fare poca attività (già grasso che cola, si potrebbe dire), ma perché non si sono sviluppate idee nuove, capaci di far strike. Ci sono state le elezioni, o meglio le rielezioni, ma per ora mi pare che non sia stato che un risultato “amministrativo”. Forse il problema principale è far quadrare il bilancio, più che lanciare veri e credibili programmi di sviluppo o per evitare la scomparsa del batti&corri. Mi chiedo se nessuno abbia il coraggio di lanciare qualche idea, qualche obiettivo sfidante. Da quello che capisco, la stragrande maggioranza pensa a scendere in campo; poi si vedrà. Sarà perché ho problemi di vista dalla prima elementare, ma credo ci sia poco o niente all’orizzonte. Andare in campo pare prioritario, poiché così si possono formare squadre nazionali a tutti i livelli e di ogni specie; chi non vestirebbe volentieri la maglia azzurra? Per rendere questo azzurro più appetibile è in corso un progressivo assorbimento dell’attività amatoriale da parte di quella federale, approfittando del particolare periodo in cui ci troviamo (disposizioni in materia sanitaria in primis). Le federazioni in questo hanno buon gioco, mettendosi dalla parte dei bottoni e potendo dare disposizioni al loro interno. È evidente quanto anche in senso sportivo gli spazi di libertà saranno minori e dovremo trarne delle conseguenze. Come ribadito in altre occasioni, il presidente di qualsiasi federazione in ambito CONI è molto più sicuro di mantenere l’incarico del Presidente del Consiglio; per quattro anni può fare e disfare; se poi viene rieletto ancor di più. Certo c’è un consiglio e ci sono organi tecnici e amministrativi che permettono lo svolgimento dell’attività, ma si tratta di organismi che possono solo proporre, evidenziare la situazione, ma non decidere. Di conseguenza, essendo l’idea di chi comanda la migliore, non c’è storia. Spesso parliamo di regole e ci stupiamo che diverse vengano continuamente cambiate, in molti casi senza una reale giustificazione (di norma per adeguarci a regolamenti internazionali si dice). Sfido però tanti a comprendere il perché e il percome a un lanciatore possa assumere una posizione intermedia fra il caricamento frontale e il pickoff. Si traduce la regola, si cerca di spiegarla, ma quando si tratta di applicarla la gara si fa dura. Proprio oggi sul sito della MLB si parla di avere palline diverse per la prossima stagione. Non cambia la dimensione, ma si diminuisce un po’ il peso e si guarda anche all’altezza delle cuciture: il progressivo aumentare del numero di fuoricampo oltre i 375 piedi (circa 114 metri) sta alterando il rapporto attacco-difesa. I produttori, però sostengono che non muterà la velocità dei lanci ‒ lascio la parola agli esperti, ovviamente. Per noi sono bazzecole, ma nell’altra parte dell’Oceano, dove c’è il business, no. Pur non essendo questo il nostro principale problema ci adegueremo; già di fuoricampo ne vediamo pochi, per cui se calano un po’ manco ce ne accorgiamo. Certamente occorre tener conto degli organismi internazionali cui partecipiamo, ma dovremmo tenere sempre conto della nostra realtà: non possiamo, per esempio, buttare le palline rimaste dalla stagione precedente, tenuto conto del bilancio della grande maggioranza delle società. Ho iniziato parlando della carenza di idee e progetti per cui continuo a ribadire un concetto molto semplice: senza base non c’è altezza. La base è quella delle realtà locali, che fanno ogni anno sempre più fatica a trovare giocatori e denari per scendere regolarmente in campo, che testardamente cercano di inventarsi qualcosa per reclutare giovani sempre meno numerosi e disponibili a fare attività con noi. Nel giro di un mese abbiamo assistito a un mondo in cui cambiare è possibile, anche se non certamente facile, per cui fa specie questa sorta di triste immobilismo. Credo che solo un grande sforzo collettivo che venga da chi è in prima linea e in frontiera possa aiutarci a sopravvivere. Il problema, per chi sfanga giorno dopo giorno, non è la prossima scadenza elettorale, ma quello di avere giocatori e soldi per pagare campi e materiali. Come ha scritto Paul Eluard, poeta surrealista francese, “Il passato è un uovo rotto, il futuro è da covare”.Non ci resta che fare da brave galline.

Giuliano Masola, 9 febbraio 2021