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Grazie, Gian Carlo

di Giuliano Masola. Da qualche mese Gian Carlo Rosetti non si occupa più dei calendari delle partite per la nostra area (Parma e provincia). Il Consiglio Regionale recentemente aveva deciso un affiancamento che non è stato gradito, anzi ritenuto come un invito ad andarsene, cosa che elegantemente Gian Carlo ha fatto. Una situazione imprevista, poiché, da un giorno all’altro, si è passati dal consenso unanime all’ostracismo. Certo, gli anni lasciano il segno, il carattere magari si indurisce un po’, le situazioni si evolvono (si cerca di fare il massimo dell’attività avendo pochi atleti a disposizione), per cui non c’è da meravigliarsi. Quanto accaduto non è un caso raro e, semplicemente, ci si potrebbe passare sopra. Ma non sono d’accordo, non sono proprio d’accordo sul lasciare che tutto resti nel silenzio, nel disinteresse. I cambiamenti sono necessari, ma occorre gestirli, soprattutto quando si ha a che fare con una realtà complessa, in una società che fa una estrema fatica a stare insieme, a tutti i livelli, come possiamo facilmente constatare. Purtroppo ciò è collegato al fatto che non esiste più un Comitato Provinciale da sei anni ‒ e non se ne vede un ripristino in futuro ‒ con una sede in cui i rappresentanti di società, e non solo, possano confrontarsi. Pertanto, possono bastare poche persone a decidere; i restanti sapranno a “babbo morto”, come si dice. Beh, essere messo alla porta dopo 44 anni di duro e costante servizio fa pensare. Da  un giorno all’altro nessuno ti telefona più, ti scrive più, magari manco ti saluta. Nel 1929, i Philadephia Phillies vinsero le World Series battendo i Chicago Cubs e Babe Ruth, l’11 agosto, realizzò il suo 500° fuoricampo. Poco tempo dopo, il 24 ottobre, l’inaspettato crollo di Wall Street mise in ginocchio l’America, coinvolgendo, a distanza di pochi mesi, l’Europa.

Nonostante un lento e drammatico recupero, però, si continuò a fare guerre e il 1939 rappresentò l’inizio di una apocalisse di cui paghiamo ancora le conseguenze. Tanti scrittori e registi hanno rappresentato il dramma gli anni Trenta, in particolare in America: assenza di lavoro, fame, gangsterismo, violenze di ogni tipo. Nel 1935 Horace McCoy, scrisse un libro destinato a diventare famoso, “Non si uccidono così anche i cavalli?”, da cui Sydney Pollack, nel 1969, ha tratto un film. Una storia dura, spietata, di persone spinte dal desiderio di uscire da una situazione intollerabile a gareggiare, attraverso balli e corse senza sosta, fino alla follia, alla morte per un premio che si sarebbe trasformato in una beffa: il vincitore con quanto guadagnato avrebbe dovuto rifondere le spese organizzative, diventando più povero di prima. Una storia finita nel dimenticatoio, per coloro che non sono amanti di una certa cinematografia e letteratura. Chi scrive e interpreta musica, però, è in grado di andare a riscoprire certe cose, certi fatti, riproponendo domande cui normalmente evitiamo di rispondere. Gli Hegokid, nel loro album “Ecce homo” del 2011, hanno inserito una canzone, che pone una questione sostanziale: “Ma ci affianchiamo / senza guardare / noi spalla a spalla / senza vedere / Non si uccidono così anche i cavalli?”. Si vive in una eterna competizione: uno vicino all’altro, ma non si guarda in faccia a nessuno, mirando al nostro egoistico obiettivo. Ai cavalli si spara un colpo in testa, mentre ci si gira dall’altra parte; poi, avanti un altro! Terribile, ma vero. Ma perché parlare di questo? Il campionato sta per cominciare, preoccupiamoci di andare in campo, senza tante storie. “Ma dove si gioca, a che ora, con chi? Dove sono gli avversari… Ma non ci eravamo messi d’accordo che… l’Arbitro lo sa? Proviamo a telefonare…”. A fronte di tutto questo si pensa di dare una risposta semplicistica: uno vale l’altro per coordinare le innumerevoli esigenze e, soprattutto, c’è tanta tecnologia che può essere d’aiuto. Non ci si rende conto che quella dell’organizzazione degli incontri è una specie di arte, che si acquisisce in tempi lunghi, attraverso una continua opera di mediazione, convincimento e credibilità, non si può trasmettere con una stretta di mano. Ma ai seggiolai e scarparoli ciò non importa: meno interlocutori preparati ci sono, meglio è. Nel mondo del virtuale, in mezzo a una mancanza di rispetto e di educazione che mai finisce di sorprendere, gli illusionisti trovano il loro vero campo d’azione: sembra facile estraniarsi dalla realtà, ma alla fine, grazie a Newton, si ritorna a terra, magari sbattendo la testa. Mi fanno tristemente sorridere coloro che da un giorno all’altro diventano esperti di qualsiasi branca del sapere, usando vuote frasi fatte da un libro letto dal vicino. Qualunque attività rappresenta è una cosa seria: l’improvvisazione può risolvere un problema momentaneo, ma non un impegno di prospettiva; anche per questo occorre fare un esame di coscienza. Ormai, però, palle e mazze hanno incominciato a incrociarsi, per cui non resta che fare i migliori Auguri a chi ha preso, con grande spirito di sacrificio, il compito di Gian Carlo, pronti a dare una mano. A Gian Carlo però, va detto almeno GRAZIE!, poiché ha diritto almeno a questo (solo una Società lo ha fatto, per quanto so). Pertanto, è bene continuare a interrogarci, poiché potremmo essere noi, sportivamente parlando, a trovarci al posto del cavallo, certi che tanti si gireranno dall’altra parte.

Giuliano Masola, 14 marzo 2019.