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Regole: bizzarrie in evoluzione

 

di Giuliano Masola. In questi mesi, in cui per lo più si sta alla finestra aspettando la Primavera, ci si aggrappa un po’ a tutto. Così si sfogliano vecchi libri e carte e si è presi dal tentativo, per me sempre fonte di problemi, di rimettere un po’ le cose in ordine. La mente così vaga e divaga, senza un obiettivo preciso. Il baseball è il risultato di tanti giochi per questo le regole hanno seguito un percorso evolutivo none sempre lineare. Il Massacchussets Game, gioco particolarmente diffuso nel New England, a metà Ottocento, si svolgeva fra quattro basi, a circa 18 metri l’una dall’altra, ma il box battuta per lo “striker” era a posto a metà fra la prime e casa base. Il lanciatore (“thrower”) spediva la palla da sotto, da una distanza di circa nove metri. Vinceva chi faceva 21 punti. La prima sostanziale svolta si ebbe con le New York Game Knickerbrokers Rules, destinate a essere vincenti, formalizzate negli stessi anni. Il campo assumeva i connotati attuali, con le basi distanziate a circa 27 metri; zona di battuta e casabase venivano a coincidere. Il lanciatore spediva la palla sempre da sotto, da una distanza di circa 14 metri, posizionandosi, a suo piacimento, lungo una linea di tre metri mezzo. In questa sede non possiamo esaminare l’evoluzione di ogni singola regola, per cui restiamo su quelle  che oggi possono apparire bizzarre. Dal 1867 al 1887, era il battitore a dire al lanciatore dove indirizzare la palla, alta (fra la cintura e le spalle) o bassa (fra le cintura e le ginocchia): immaginate Mike Trout che dice David Price esattamente dove lanciare.

Per un ventennio (1864-1883) un modo per eliminare l’avversario era quello di prendere la palla al primo rimbalzo; ciò derivava da un antico gioco da bambini (“jacks”) e dal fatto che si giocasse a mani nude. Fino al 1883, un vero anno di svolta, i lanciatori spedivano la palla da sotto (“pitch” ha tradizionalmente questo significato). Non si sa esattamente quando si è cominciato a lanciare da sopra. Secondo lo storico ufficiale della MLB John Thorn, il primo a “dare la scossa” fu Tommy Bond intorno al 1870. Fra il 1885 e il 1893 fu permesso l’uso di una mazza appiattita da una parte (un po’ come quella da cricket) collegandola a una diversa distanza fra pedana di lancio e battitore, Questa, però, tendeva a scheggiarsi, per cui venne tolta. A beneficio dei battitori, nel 1887 la base su ball venne considerata come battuta valida; in quell’anno, ben 11 battitori superarono la media di .400. Nel 1968 Special Baseball Records Committee rivide la situazione per cui a Cap Anson, che nel 1887 aveva .421 di media vennero cancellate 60 valide, estromettendolo dal rango dei battitori con 3000 battute valide. Nel 2001 però la MLB ribaltò la decisione. Gli arbitri oggi si trovano a giudicare lanci a oltre 160 km/h, in stadi affollatissimi e con le telecamere che evidenziano il loro operato in tutto il mondo. Non era proprio così agli inizi. L’arbitro, infatti, veniva scelto poco prima del primo lancio fra persone presenti, riconosciuti come persone di rispetto del luogo. Secondo un giornale dell’Ohio del 1916, “I giocatori si rivolgevano loro con estrema cortesia. Venivano loro fornite comode sedie vicino al piatto…si faceva di tutto per il loro comfort. A richiesta, venivano fornite vivande e un bel bicchierone di birra”. Inizialmente, il ricevitore stava in piedi, pochi passi dietro il piatto; il suo compito era solo quello di evitare che la palla passasse dietro di lui. L’attuale posizione, legata ai moderni compiti difensivi, fu codificata agli inizi del ‘900. Nel 1920 la “spitball” ‒ la palla sputata ‒ fu messa fuori legge, assieme a tutti gli altri trucchi e accorgimenti per modificarla. Grazie alla “regola del nonno”, però, ai lanciatori che si trovano in quel momento nel  bel mezzo della carriera fu permesso di continuare ad usarla. Grazie a ciò, Righty Burleigh Grime, continuò a lanciare la “official spitball” fino al 1934, quando smise di giocare. Fino al 1920 era veramente difficile essere accreditati di un fuoricampo; fino a quel momento, infatti, questo tipo di battuta valeva in relazione al numero di corridori che costituivano il punto della vittoria; di conseguenza, valeva come homerun solo se era il battitore stesso a esserlo. Fino al 1930, una rimbalzante che superava la recinzione era considerata come fuoricampo. Nel 1927 suscitò molte discussioni una battuta di Lou Gehrig che stava contendendo a Babe Ruth il titolo di miglior battitore: ora sarebbe un doppio. In realtà non si trattava di una bizzarria. Il 21 maggio 1880 ‒ in un’epoca cui le regole di campo, in qualche caso, stabilivano che qualsiasi palla che superava la recinzione fosse considerata un fuoricampo ‒ un battitore mandò la palla sopra la recinzione, sulla destra, facendola finire in un fiume. L’esterno destro, non sapendo che pesci pigliare, balzò su una barca nel tentativo di recuperarla e rimetterla in gioco, ma senza riuscirci. Pazzie, bizzarrie? Forse altre ancor più imprevedibili e stravaganti regole ci attendono: c’è già chi pensa a una quinta base…

Giuliano Masola, 25 novembre 2018