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Una questione di mazza

 

di Giuliano Masola. Come diceva Ted Williams “Dio ti manda alla battuta, ma una volta che sei lì sono affari tuoi”. Al di là di chi ti ci manda, in battuta occorre andarci con la mazza che ti fa sentire più sicuro; per questo la soppesiamo e ne controlliamo l’impugnatura, in particolare. Non ci chiediamo perché questo attrezzo è fatto così. Ripercorrerne la storia può fornire alcuni elementi interessanti, poiché collegata alle modifiche apportate nel tempo al “vecchio gioco”.

All’inizio, la mazza da baseball era praticamente quella usata per il cricket: una specie di paletta da fornaio. Poi, si passò a una forma rotonda, ma per molto tempo i giocatori si costruivano artigianalmente le loro mazze, stabilendo autonomamente forma, peso, spessore e lunghezza. “Wonderboy”, la mazza di Roy Hobbs (Robert Redford nel film “Il Migliore” di Barry Levinson, 1984) che nasce dall’albero abbattuto da un fulmine, riprendendo in qualche modo la leggendaria Excalibur, ne è un esempio. Nell’Ottocento vennero sperimentate varie forme, fino a giungere all’attuale, con qualche interessante curiosità. Il 7 giugno 1890 Emil Kinst brevettò la “banana bat”, poiché aveva un forma curvilinea, affermando che lo scopo della sua invenzione era fare in modo che la palla battuta avesse una rotazione talmente forte (svirgolasse, potremmo dire) da rendere molto più difficoltosa la presa da parte dei difensori e incidere sulle giocate. Si trattò di una invenzione che non ebbe successo, però. Spalding, nel 1906, mise in commercio la “mushroom bat”, una mazza più spessa con un “fungo” nella parte finale dell’impugnatura, permettendo al battitore di distribuire meglio il peso lungo la mazza stessa. Un particolare mazza fu inventata dalla Wright & Ditsons Lajoie: un doppio pomolo, il secondo circa cinque centimetri a monte del primo. L’idea era quella di avere più spazio e un maggior controllo poiché uno dei pomelli era fra le dita di una mano e la mazza poteva essere impugnata maggiormente verso la punta. Anche in questo caso il successo fu limitato. Nel 1990, Bruce Leinert ebbe l’idea della “impugnatura assiae”. La “Axe Bat”, brevettata nel 2007 venne utilizzata inizialmente nei college, successivamente nelle leghe professionistiche. Nel 2012, i Pioneers del Marietta College hanno vinto le World Series della III Divisione della NCAA utilizzando proprio questo modello. Giocatori di Major League, come Mookie Betts, Dustin Pedroia, George Springer, Kurt Suzuki and Dansby Swanson, hanno cominciato a battere con questo modello. In pratica, la mazza non presenta un pomolo che appare dimezzato lungo l’asse (l’impugnatura richiamoa quella di un manico da coltello) ed è disegnata in funzione della biomeccanica legata alla sventolata. Personalmente non ho ancora visto questo tipo di mazza, ma penso che presto la vedremo in campo. Un elemento molto importante riguarda il materiale. I tipi di legno utilizzati sono diversi: al frassino e all’acero si è aggiunto il bambù, specialmente in Asia. Una mazza che si rompe può trasformarsi in lame che volano, col rischio di gravi danni fisici; per questo le grandi aziende produttrici prestano grande attenzione all’orientamento delle venature. Nella continua corsa all’innovazione i materiali sono una componente importante. Il tutto, però, si traduce anche in maggiori costi: mi rattrista sempre vedere giocatori che, magari dopo un strike out, se la prendono con la mazza e finiscono per spezzarla brutalmente, dando così un  cattivo esempio. Nel baseball sempre di più si assiste a una maggiore potenza e a una maggiore velocità; ciò incide sulla scelta degli atleti, sulle tattiche e anche sulle regole. Una buona mazza, però, non fa un buon giocatore, per cui il lavoro da fare per migliorare in battuta è sempre tanto. La storia della mazza può apparire banale, ma in un gioco in cui due oggetti rotondi impattano a velocità sempre più alte, ci dice molto sul nostro gioco, su quanti studio, tecnica e tecnologia sono importanti. Dietro ogni materiale c’è un lungo e difficile lavoro di ricerca, quella ricerca che hanno noi dovremmo continuamente fare. Lo sport, il baseball in particolare, è sostanzialmente il punto di incontro di tante attività, di tante idee, soprattutto di tante sfide. Se non ci rendiamo conto di ciò, finiamo per perderci, per divagare, mai per realizzare. La mazza che fa meraviglie è inutile se lasciata in un angolo, anche se chi l’ha usata ha fatto un sacco di fuoricampo. Non ho mai giocato ufficialmente a baseball, ma conservo una vecchia Adirondack numero 36, pesante in punta: la classica clava. Era dell’amico Mimmo, che un giorno l’aveva portata con sé dicendo: “Questa l’ho trovata in cantina, una mazza da fuoricampo”. E così fu. Proprio per questo il mio invito è quello di prenderne una, guardarla, soppesarla, provare a sventolarla; sono convinto che dentro di noi ci faremo tante domande e forse otterremo qualche risposta. Magari, ci vien voglia di tornare a metterci in gioco.

 

Giuliano Masola

15 ottobre 2018