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Giancarlo & C.

di Giuliano Masola. Non si tratta di una “premiata” ditta, anche se di successi Giancarlo Stanton ne ha avuti tanti e ne insegue ancora. Il suo passaggio dai Marlins agli Yankees negli scorsi mesi ha destato clamore, anche perché all’interno di acquisti che dovrebbero riportare la blasonatissima squadra della Grande Mela al successo. Il 13 maggio è stata celebrata la Festa della Mamma, per cui tutti i giocatori della Major League, e non solo, sono scesi in campo con divise color rosa. Niente di speciale, poiché ciò fa parte dello spettacolo, oltre che del gioco. Molti pensano che siamo noi ad essere dei “mammoni”, ma nelle altre parti del mondo non si è da meno. Ebbene, in quel pomeriggio, dopo il rinvio della partita di due ore e tre quarti, nella seconda metà del quinto inning, Stanton ha spedito la palla oltre il muro. Il fuoricampo veniva completamento di una giornata in cui, davanti a oltre 40 mila spettatori, il nostro eroe batteva quattro su quattro, zittendo tutti coloro che pensavano di aver fatto un cattivo affare. Penso che diversi di voi, come me, seguano le notizie della MLB, che riprende gli episodi salienti. Giancralo, non si può stopparlo!”. Poiché ormai la mia mente è in via di fusione, non ho creduto alle mie orecchie e, dal riascolto, è giunta la conferma. Chi segue il baseball che si gioca “di là da l’Aqua” (da non confondere con l’Oltretorrente) penso sia abituato a tutto, soprattutto si renda conto della più svariata provenienza dei giocatori (lo sapevate che Evan Langoria, attuale terza base dei S. Francisco Giants è di padre messicano e di madre di origine Ucraina?) e della apparente bizzarria di tanti nomi. In tutto questo, l’Italia attraverso i propri emigrati e i loro discendenti, è sempre stata ben presente. Oltre alla pizza (che qualche buontempone ritiene nata in California), ai macaroni e alla mafia, c’è il Baseball, quello con la “b”maiuscola. Da una rapida scorsa, emergono giocatori come Andrew Benintendi (Red Sox), Anthony Rizzo (Cubs), la cui famiglia è originari di Cimminna, cittadina nei pressi di Palermo, Francesco Cervelli (Pirates), italo-venezuelano, che con Rizzo ha giocato per la nostra nazionale nel Worl Baseball Classic. Un altro è Michael Thomas Conforto (Mets), detto Scooter, di ascendenza italiana, spagnola è hawaiana; anche Phil Rizzuto, famoso interbase degli Yankees e specialista della smorzata aveva questo nomignolo. Uno degli attuali giocatori di maggior successo, fra i figli dei nostri emigrati, è Joseph Daniel Votto, prima base dei Phillies, che da bambino appiccicava sui muri di casa la foto di Ted Williams. Poi ancora, Drew Butera, Sal Romano, Anthony De Sclafani, Alez Giolito, che lancia a 100 miglia all’ora, e tanti altri, da Alex Liddi di Sanremo a  Christian Colabello, che ha trascorso l’infanzia a Rimini. Ce ne sono tanti altri. Se volete fare una indagine capillare, scorrete i roster delle trenta squadre della MLB e fateci i conti. Per avere una qualche conferma sulle origini dei nostri “paisà”, vi suggerisco di andare sul sito della The Statue of Liberty, Ellis Island Foundation, Inc. (https://www.libertyellisfoundation.org/passenger). Ciò vi farà anche capire quali siano stati i percorsi alla ricerca di un pane che in patria non si trovava. Spesso pensiamo di sapere tante cose, ma basta andare alla ricerca di un nome per renderci conto di quanto sia bello conoscere il prossimo, soprattutto come siamo visti da lui. Un esempio può venire dalla pronuncia di un nome. Jarrod Saltalamacchia ha messo in crisi il sistema, con un cognome che presenta ben 14 caratteri: il più lungo della storia del baseball americano (la ricamatura delle casacche costa…). Ovviamente, bisogna andare per le spicce, per cui Salty va molto meglio. Ma non basta, poiché occorre spiegarne al pubblico americano il significato. Pertanto, per “Salta la macchia” si ha “jump over the ticket”; secondo il traduttore “ticket” farebbe riferimento a una parola dialettale del nostro Sud, indicante un alto arbusto: l’immaginazione certamente non manca. Un altro caso si ha per Joseph George Lucchesi (lanciatore dei S. Diego Padres) da pronunciarsi “Lou-Casey”, che pare rimandare al mitico “Casey at the bat”. Non ci manca nulla insomma, soprattutto se aggiungiamo Mike Napoli, John Carlo Pivetta, Sal Romano e Stephen Piscotty (in realtà Piscotti). La nostra presenza nel mondo del baseball è importante, molto di più di quanto siamo portati a credere, e questo ci offre delle opportunità. Il “made in Italy” fa business. Ben sappiamo quanto sia importate riempire gli stadi e vendere di tutto e di più. Il baseball non è un gioco, ma è una delle tante attività umane e, come tale, deve tener conto del mutare dei tempi e delle situazioni. Ciò significa avere paletti ben piantati, ma esser pronti a recepire, ancor meglio anticipare i cambiamenti. La bandiera del Baseball ha i colori dell’arcobaleno, come quella della Pace, poiché è in grado di accogliere tutti sotto i suoi colori. In un mondo sempre più saturo di violenza, dominato dai venditori di armi e arrivisti senza scrupoli, il baseball continua a fare la propria parte ogni giorno, con coraggio, passione e voglia di futuro. Si tratta di obiettivi importanti, universali. Per questo, ogni volta che andiamo in campo dovremmo pensare che anche i nostri colori, verde bianco e rosso, sono fra quelli che portano a una vera fratellanza e a una reale libertà. Giuliano Masola

18 maggio 2018

 

At 14 characters, his last name is the longest in Major League Baseball history.[ Saltalamacchia is Italian for “jump over” (salta) “the thicket” (la macchia, Southern Italy dialectical term that refers to a kind of tall shrub). His nickname is Salty. Org.ne Tigers.