fbpx

Luce dall’ombra

di Giuliano Masola. Cassandra, come noto, vedeva avanti; in termini moderni, potremmo dire che, più che profetizzare in senso stretto, seguiva l’evolversi degli eventi e  mostrava le possibili nefaste conseguenze. Come ci narra Omero, capì che il manufatto del cavallo non era un omaggio a qualche divinità, ma una trappola che avrebbe causato la rovina di Troia. La fine della sacerdotessa di Apollo, figlia di Priamo ed Ecuba è terribile: violentata sull’altare del tempio di Giove, dove si era rifugiata, da Aiace di Locride, che certamente non era un credente, venne come poi schiava Agamennone. Trovò la morte nella congiura ordita da Clitennestra ed Egisto contro il re di Argo, che non aveva voluto credere alla sua profezia. Tutto regolare; cose dell’antichità, che nulla dovrebbero avere a che fare col batti&corri. Cassandra, a ben vedere, rappresenta un po’ quelle persone che vivono nell’ombra, in disparte: considerate si, ma non fino in fondo e sostanzialmente poco considerate. Non esita a esporsi, a compiere il proprio difficile ruolo, a parlare dinere previsioni, pur affidandosi ad Apollo, il dio  dio di luce, di una luce che rompe le tenebre.

Nel giro di pochi giorni, purtroppo, sono scomparsi altri due grandi appassionati di baseball e di softball: Flaminio Garagnani e Guglielmo Ronchini. Due persone conosciute, che hanno avuto, fra gli altri, il grande merito di coprire il ruolo che si erano un po’ assegnati, senza far rumore, senza tanti strombazzamenti. Penso che Flaminio abbia fatto veramente tanto per Langhirano, soprattutto cercando, come pochi, di mantenere viva una fiammella che sembrava dovesse spegnersi. Era una persona pratica, che faceva ciò che si doveva fare, senza tanti “se” e “ma”. Aveva il tesserino da tecnico, ma non ha esitato a fare anche l’arbitro, quando è stato necessario. Guglielmo, invece, è stato con me per tanti anni, nella Coop UPP, poi Nordemilia. Ha fatto praticamente di tutto, dal dirigente all’allenatore. Soprattutto è stato fondamentale nel momento in cui il CONI ha deciso l’obbligatorietà delle visite mediche preliminari (come di solito senza regole chiare). Stante la sua esperienza ospedaliera, aveva organizzato un piccolo punto prelievi temporaneo nei locali della piscina comunale in via Piacenza; provvedeva poi a far avere i campioni e avere i risultati, per tutti i ragazzi della Polisportiva. In qualche occasione la squadra da lui condotta come allenatore ho ottenuto dei bei risultati; ciò era solo il risultato di un lavoro che, assieme ad alcuni altri, svolgeva incessantemente. Né Flaininio, né Guglielmo hanno mai ambito ad essere premiati; hanno preferito fare ciò che si sentivano di fare, senza tante chiacchiere. Guglielmo sapeva difendere le proprie idee, stare dalla parte dei perdenti, se necessario. All’inizio degli anni Novanta, quando una grave crisi compì la sezione baseball del Nordemilia – che nel giro di pochissimi anni finì per scomparire –  restò al suo posto, non facendosi irretire da tante lusinghe. La fine di questa prima esperienza lo mise un po’ in crisi, ma dopo qualche tempo ritornò in campo, con la Crocetta, anche questa volta con un ruolo che dall’esterno poteva essere considerato di secondo piano: insegnare ai più piccoli, facendo crescere in loro l’amore per il gioco.

Purtroppo la morte ci ha fatto perdere questi due amici. Eppure, così come in altri casi, credo che dobbiamo pensare in modo positivo, evidenziando ciò che non appare, ma è, e contare su chi fa, piuttosto di chi parla e mette sempre tutto in discussione. In pochi mesi, tanti ci hanno lasciato, costringendo a un cambio generazionale, per così dire. Cambiare può comportare rischi, ma anche offrire grandi opportunità. Da ciò che vedo sui campi, penso ci sia una gran voglia di fare, ma questo desiderio talvolta viene espresso in modo poco coordinato, non solo fra società, ma anche all’interno delle società stesse, per non dire delle squadre. Ritengo che persone che eseguono il proprio compite in silenzio ce ne siano dappertutto. Si tratta di un silenzio che ci costringe a meditare, a ripensare a ciò che stiamo facendo. Pare che non faccia rumore, ma come nel famoso “Urlo” di Munch, finisce per romperci i timpani, pur trattandosi di un dipinto. Le persone che vediamo poco – che di conseguenza rischiamo di valutare poco – in realtà sono la fonte di una luce incredibile, che dobbiamo riuscire a raccogliere e farla nostra, anche quando non facciamo del baseball o del softball. Come ci ricorda un poeta medievale catalano del X secolo: “L’alba part humet mar/ altra sol, poy pasa/ bigil, mira clar tenebras” (“L’alba sul mare oscuro/ porta il sole, presto la luce si affretta su dai colli/ e, mira, già le tenebre si sbiadiscono”). Dall’ombra alla luce, se vogliamo, il passo è breve. Giuliano Masola, 10 settembre 2017