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Dell’Arlìa

Il Capitolo 5 del racconto della stagione 1985 da parte di Gianluigi Calestani è dedicato al concetto di Arlìa

Difficile trovare un’esatta traduzione italiana del termine parmigiano arlìa.
L’arlìa è lo sfottò cattivo, è una rivalità spinta ai massimi livelli, quella che ci può essere per strettissimi motivi di campanile, quella che da sempre c’è tra Parma e Reggio Emilia.
Quella, per capirci, che nel 1985 c’era tra la World Vision e la Crocetta, le due rappresentanti del baseball parmigiano che avrebbero preso parte al massimo campionato.

La World Vision era l’erede della Big Green Machine, la formidabile macchina da baseball in divisa bianco-verde messa a punto da Giulio Montanini, la squadra che nove anni prima aveva conquistato il primo scudetto del batti e corri parmigiano e che aveva poi inanellato una strepitosa serie di titoli a livello nazionale ed europeo. Era la squadra dei predestinati, quella che rappresentava l’ideale punto d’arrivo per la carriera di ogni parmigiano che iniziava a giocare. Non c’erano più Castelli, Coffman, Guzman, Varriale, Gallino, Gioia, Miele... giocatori che avevano acceso la fantasia degli appassionati. Resistevano però Claudio Corradi e Dado Gastaldo, i giovani lanciati nel ’76, Claudio Cattani continuava a dispensare lezioni difensive dal cuscino di seconda base, Stefano Manzini si era trasformato in un battitore di grande media e spaventosa potenza.
Nel frattempo erano cresciuti altri talenti. Gianguido Poma era tornato a Parma dopo essere stato costretto ad emigrare a Bologna per vincere il primo scudetto personale, Lello Silvestri difendeva il cuscino di terza base, Massimo Melassi si alternava tra monte di lancio e prima base, il fratello Mauro metteva in crisi tanti battitori con la propria curva mancina, Fulvio Valle scriveva belle pagine di una carriera che lo avrebbe portato lontano, Roberto Mari univa un’innata classe ad un’ormai solida esperienza.
Gli stranieri erano fortissimi.
Win Remmerswaal, un olandese dal carattere particolarissimo, aveva lanciato con successo per i Boston Red Sox, Jesse Baez era un’autentica garanzia nel catcher box e aveva carisma da vendere, l’esterno Bob Roman era potenza allo stato puro, uno dei battitori più forti che io abbia avuto la fortuna di vedere in quarant’anni di baseball.
E poi c’era Massimo Fochi, il ventunenne fenomeno cresciuto nella Crocetta che sarebbe diventato uno dei simboli del baseball parmigiano. Si racconta, ma qualcuno giura che è la verità, che per arrivare a lui la World Vision cedette alla Crocetta ben nove giocatori.

Facile intuire quale fosse lo spirito della Crocetta nei confronti dei predestinati dell’altra squadra cittadina. Allenatore era Sandro Rizzi, uomo dallo spirito combattivo e dalla battuta sempre pronta, tra i giocatori spiccavano i nomi di Davide Bassi, Marco Aimi, Paolo Castagnetti, Luca Giovanelli, Andrea Pugolotti, Franco Bardiani, Mauro Bortolotti, Luca Bussi, Roberto “Betulla” Martelli, Aldo Sassi, Danilo Gradali, Lorenzo Barbieri, Gigi Peracca: tutti giocatori che non avrebbero sfigurato con la divisa dei cugini e che, in alcuni casi, l’avevano anche indossata nel passato.
A loro si aggiungevano l’ex Paul Gagliano, il ricevitore John Long e i fratelli Daniel e Michael Pagnozzi. Daniel era un ottimo interno dotato di buone qualità anche nel box di battuta, Mike un lanciatore di impressionante velocità, destinato a demolire tutti record di strikeout del nostro campionato.

Un bizzarro calendario propose il derby alla prima giornata.
Il 13 aprile 1985 lo stadio Europeo presentava un bel colpo d’occhio per quello che sarebbe stato il primo derby parmigiano nel massimo campionato.
Furono tre partite memorabili.
La prima si concluse con un nettissimo successo della World Vision. Massimo Fochi concesse all’attacco della Crocetta due fuoricampo (Long e Bardiani gli autori) ma dietro di lui l’attacco girò a mille. Poma iniziò la partita con un homerun contro Luca Bussi, costretto ad arrendersi già nel corso del primo inning ad un altra battuta da quattro basi di Corradi.
Non andò meglio al rilievo Gilberto Gerali che al quinto inning subì in pochi secondi tre fuoricampo consecutivi da Poma, Gastaldo e Baez. La partita si concluse con un netto 18-5.
Il giorno dopo le cose cambiarono drasticamente. Nella gara pomeridiana la Crocetta iniziò fortissimo contro Mari e Mauro Melassi: dopo cinque inning la squadra di Rizzi conduceva per 10 a 3 e sognava di mettere a segno un colpo storico. Invece la World Vision si svegliò, mise a segno tredici punti in quattro riprese con due fuoricampo di Roman, rovesciò il risultato e si impose per 16 a 13 dopo una battaglia durata quasi quattro ore.

Nel frattempo noi di Onda Emilia ci eravamo fatti espellere dalla tribuna stampa dell’Europeo.
Con una buona dose di coraggio iniziammo a fare la radiocronaca delle partite nonostante non avessimo l’esclusiva: dopo pochi minuti arrivò in postazione lo stato maggiore delle due società che minacciò di ritirarci le tessere d’ingresso. “Ma noi non stiamo facendo la radiocronaca della partita casalinga della Crocetta – protestò Conversi -. Noi stiamo seguendo la World Vision in trasferta”. Bel tentativo, però respinto. Di quel derby non raccontammo più una singola azione.

La terza partita può essere tranquillamente annoverata tra le cinque più belle mai viste nella storia del baseball parmigiano.
Per nove inning Mike Pagnozzi e Win Remmerswaal offrirono uno spettacolo indimenticabile.
Pagnozzi mise a segno dieci strikeout, Remmerswaal tredici: attacchi che pochissime ore prima avevano complessivamente prodotto ventinove punti furono ridotti al più assoluto silenzio.
La tensione si tagliava con il coltello, la voglia di vincere era quasi tangibile.
Al settimo inning Pagnozzi rischiò di colpire Melassi. Fu un attimo, tutti uscirono dal dugout. Amici di una vita, parenti stretti, ex compagni di squadra: tutti vicini a casa base in un tentativo di rissa del quale, ancor oggi, non si riesce a trovare il responsabile.
La partita si risolse al decimo inning. Pagnozzi, ormai esausto dopo aver lanciato una partita strepitosa, concesse un doppio a Roman (“secondo me era foul”, dice ancor oggi Sandro Rizzi) e un decisivo triplo a Manzini.
Remmerswaal, in trance agonistica, invece non si fermò: mise a segno il quattordicesimo strikeout e consegnò alla World Vision un’indimenticabile vittoria per uno a zero.

Poi andammo tutti al bar di Rizzi a raccontarci la partita, lancio dopo lancio.
A un certo punto entrò Manzini con un sorriso beffardo.
“Proprio stasera”?, gli disse Rizzi.
“Batto dei doppi, batto dei fuoricampo. Ogni tanto anche qualche triplo”, sorrise Manzini.
Finì tutto, com’è giusto che sia, in una risata e in una bevuta collettiva. Però sono sicuro che qualcuno non l’ha ancora mandata giù, soprattutto chi è tuttora convinto che la battuta di Roman fosse in foul. Non ditegli che probabilmente quella palla era buona, potrebbe mordervi.

Si chiama arlìa.