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Giampiero Faraone: “Bisogna ritrovare l’orgoglio di giocare per la propria città”.

Giampiero Faraone rappresenta una delle voci più autorevoli e vincenti del baseball italiano. Prima giocatore, poi allenatore, ha condotto il Nettuno alla conquista dell’Italia e dell’Europa mettendo al contempo a disposizione della nazionale azzurra tutto il proprio carisma e la propria esperienza.
Nel 2006 partecipò alla prima edizione del World Baseball Classic come assistente di Matt Galante.

Era un’Italia nella quale brillava la mazza di Mike Piazza ma composta anche da eccellenti giocatori nati e cresciuti nel bel paese come Maestri, Dallospedale, Liverziani e De Santis.
“I nostri ragazzi erano semplicemente entusiasti di partecipare al torneo a fianco dei mostri sacri di Major League. Legarono benissimo con compagni che erano autentiche superstar del gioco ma anche persone assolutamente disponibili a fare gruppo, amicizia e conversazione. Gli atleti più affermati cercavano di fare squadra e di aiutare gli altri in tutti i modi. Ricordo con piacere l’atteggiamento di Mike Piazza, un ragazzo eccezionale che ha dato tanto al baseball italiano”.

Giampiero Faraone – archivio Del Giaccio

Il primo World Baseball Classic dell’Italia si concluse al primo turno ma con la qualificazione in tasca per l’edizione successiva. Gli azzurri superarono l’Australia con un netto 10 a 0, poi si arresero con risultati dignitosi al Venezuela (6 a 0) e alla Repubblica Dominicana (8 a 3).
“Il Classic allora era meno sentito, non aveva ancora assunto l’importanza che ha oggi. La prima fu vista un po’ come un’edizione di prova, una specie di All Star Game allargata. Arrivate alle semifinali però le squadre dimostrarono di aver preso coscienza dell’importanza della manifestazione e di voler vincere il torneo. Anche l’attenzione dell’informazione fu completamente diversa rispetto ad oggi: questa volta abbiamo visto quasi tutte le partite in televisione, allora la nostra partecipazione passò più sotto silenzio”.

Giampiero Faraone è convinto che non sarà semplice trasformare il successo mediatico e di pubblico dell’ultimo Classic in propellente per il movimento nazionale.
“Vedremo cosa ne uscirà, ma ho grandi dubbi. Non sarà facile per l’Olanda che ha raggiunto le semifinali, non lo sarà neppure per noi. Non credo che i  dollari ricevuti per la partecipazione, metà dei quali andrà ai giocatori, possano fare la differenza per il nostro movimento. I problemi sono altri, non solo economici. Il baseball è cambiato, come sono cambiati i nostri giovani e i loro interessi. Non c’è più la passione che li animava qualche tempo fa. Tra le piazze storiche siano rimaste solo Nettuno e Parma ad avere un buon movimento giovanile. Bologna vince ma non ha più un bolognese in squadra, Milano è sparita dal giro maggiore, Roma, Torino e Firenze pure: come si può sopravvivere senza i vivai, senza i giocatori che difendono la maglia della propria città, senza le piazze storiche e le grandi metropoli? Rispetto al passato oggi c’è più informazione ma meno passione per il gioco. Non voglio cadere nel tranello di chi dice “ai miei tempi…” però bisogna lavorare sulla propria identità, ritrovare il gusto di giocare per la propria città, ridare un respiro nazionale al nostro campionato”.

Giampiero Faraone con Giovanni Carrara all’Europeo 2007

Difficile trovare soluzioni adeguate ad un problema così esteso.
“Invece di crescere siamo tornati indietro. Bisogna tornare ad un campionato nazionale con il coinvolgimento di nuove realtà, con più squadre. Quest’anno è stato deciso di tornare ad un torneo a due sole partite che presuppone minori spese per le società: con questi presupposti in futuro molte più squadre dovrebbero essere disponibili a giocare il massimo campionato. Ma non si può partire dal vertice, bisogna investire sulla base, sull’attività giovanile. Bisogna recuperare i ragazzi più giovani: non sarà facile farlo, nessuno è in possesso della ricetta giusta. Ma è un problema che deve essere affrontato: avevamo ipotizzato varie soluzioni anche negli anni nei quali riempivamo gli stadi ma il risultato che abbiamo ottenuto è questo”.

Faraone nelle figurine Panini

Dall’alto della propria esperienza Giampiero Faraone avverte anche un altro rischio.
“La partecipazione al Classic o alle Olimpiadi deve essere vista come un obiettivo per qualsiasi giocatore. Al Classic si hanno a disposizione soltanto le cose migliori: ottimi tecnici, alberghi a cinque stelle, un’organizzazione precisa e puntuale. Ogni giocatore italiano deve avere l’ambizione di arrivare a competere a quel livello ricordando però che, a quel punto, il confronto con il nostro baseball diventa pericoloso: è difficile tornare ai problemi del nostro movimento dopo essersi confrontati con un mondo al quale possiamo aspirare ma a cui non potremo mai arrivare”.

La crescita del nostro movimento rimane comunque legata alla qualità dei tecnici chiamati quotidianamente a lavorare sul campo.
“I nostri tecnici devono rappresentare un arricchimento per i giovani. Sotto questo aspetto godiamo di grande considerazione anche all’estero. Grazie ai risultati ottenuti e al comportamento tenuto, Marco Mazzieri ha dimostrato di poter condurre anche squadre di grande lega. Mettendo in mostra tecnici come lui il nostro baseball farà sempre bella figura”.